Dopo il saluto di Enrico Cardillo, Direttore Generale di Stoà, si sono aperti i lavori del Convegno, che ha visto avvicendarsi numerosi relatori per trattare il tema della prevenzione e della previsione del rischio Vesuvio da vari punti di vista (vulcanologia, ingegneria, edilizia, Protezione Civile). Grandi assenti i sindaci di Torre del Greco e di Ercolano, Ciro Borriello e Ciro Bonajuto, impegnati sul fronte delle proprie incombenze istituzionali.
Tra tutti , due interventi hanno suscitato particolare interesse del pubblico, alimentando anche un animato dibattito , non privo di punte polemiche.
Il primo, quello del Professore emerito Giuseppe Luongo, vulcanologo ed ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano, ha sottolineato come la prevenzione e la previsione di un evento eruttivo passino attraverso tre livelli : il primo a carico della comunità scientifica , che è impegnata in una costante e attenta opera di monitoraggio; il secondo che coinvolge la Protezione Civile, che ha il compito di mettere in sicurezza le vite umane, stilando piani di emergenza, calibrati sull’entità dell’evento atteso e sul tipo di territorio in cui si può verificare; il terzo che chiama in causa le Comunità locali, con le amministrazioni comunali ( in particolare quelle della “zona rossa”).
La scienza vulcanologica, assicura Luongo, è in grado di allertare la Protezione Civile 72 ore prima dell’evento eruttivo, dopo di che entrano immediatamente in causa gli altri attori dei piani di emergenza.
Il secondo intervento, che ha particolarmente coinvolto i presenti, è staso quello On. dott. Aniello Di Nardo, Delegato della Protezione Civile, il quale ha riferito un dato interessante : a livello regionale il Piano di Emergenza per il rischio Vesuvio è pronto e le 19 regioni d’Italia, Campania esclusa, hanno stipulato un concordato per ospitare la popolazione evacuata dall’area a maggior rischio ( si stima si tratti di circa 570.000 persone). Ma allora perché non si procede a dare un’informazione capillare ai cittadini interessati? Questa la domanda che i presenti hanno rivolto agli esperti. “ Sono stati stanziati 9 milioni di euro per i Piani Comunali di Protezione Civile; tuttavia, malgrado entro lo scorso 30 ottobre avrebbero dovuto presentarli tutti i sindaci dei 25 comuni appartenenti alla zona rossa, ad oggi mancano ancora all’appello 5 comuni, di cui non posso rivelare i nomi”.
In pratica, tutti i comuni della zona rossa sono strettamente connessi tra loro per il piano di emergenza, e , a quanto pare, se non stilano al più presto ciascuno il proprio piano, rischiano di vanificare gli sforzi, economici e non, che la macchina organizzativa ha fatto fino ad ora.
“Sono i singoli sindaci che devono individuare i punti di raccolta in primis nella propria area, per far confluire poi i cittadini nelle regioni gemellate per l’accoglienza, e questa è una cosa che possono e devono fare solo le amministrazioni locali, in sinergia con la Protezione Civile- ha incalzato Di Nardo- ; è necessario anche un coordinamento di tutti i comuni della zona rossa. Solo dopo è possibile completare il Piano di Emergenza generale, per poi comunicarlo alla gente, attraverso tutti i canali di informazione possibili, dal web alle scuole etc.”.
Marika Galloro