Tra canzoni, scritti, brani musicali e immagini visive si snoda l’intero spettacolo, messo a punto da Pasquale Scialò, arricchito dalle immagini sceniche realizzate da Mimmo Paladino, e l’accompagnamento musicale di Claudio Romano, alla chitarra, Paolo Sasso, al violino, Paolo Cimmino, alle percussioni.
Drammaturgo, poeta, scrittore, regista e attore, Enzo Moscato si presenta in questo spettacolo nelle vesti di cantante, ma il suo è un canto dell’anima, una forma espressiva particolare e unica che è anche teatro, poesia, arte.
La sua voce sottile dolente, crea atmosfere di struggente bellezza, in cui l’immagine di Napoli, costantemente evocata, si confonde in quella di altre città europee, e il presente si confonde con il ricordo del passato.
Le canzoni napoletane si alternano a brani di scrittori e musicisti come Bertolt Brecht, Kurt Weill, Marguerite Duras, Lou Reed, Jacques Prevert, dove la fantasia viaggia in un caffè fumoso nella Parigi degli esistenzialisti, in un cabaret della Repubblica di Weimar, in un café-chantant napoletano, volando sulle ali della poesia e della musica.
“Io non sono un cantante – spiega Moscato – non lo sono mai stato. Quello che in scena sembra canto è solo un’altra forma della mia scrittura. Il canto, come la sintassi, come lo stile, come la recitazione, come la danza, il movimento sono tutte declinazioni del desiderio dell’anima di esprimersi. Parto dai suoni (genetici) napoletani, dai grandi autori musicali nostrani: Viviani, Gill, Taranto, Trovajoli, o anche da hit canore notissime (Scalinatella, Cerasella, Anema e core etc.), per poi ‘crudelmente spaesarli’, dislocarli e, così, facendoli lambire il mondo intero, l’internazionalità del graffito vocale, come direbbe Artaud, facendoli incontrare/scontrare con autori quali Brecht, Eisler, Weill, Marguerite Duras”.
Toledo Suite non è un semplice recital, ma una descrizione accurata della Napoli dei vicoli, del popolo, di quella gente che possiede come unico mezzo per essere liberi la musica, strumento per narrare, raccontarsi, condividere.
Moscato, in scena, girovaga come un folletto, facendosi spazio tra i musicisti, e, rievocando spiriti antichi e moderni, porta in scena nient’altro che la propria stessa potente scrittura, cui conferisce forma rinnovata.
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