Gli indagati ”hanno rapporti stabili e duraturi con rappresentanti politici e religiosi di Libia e Iran” e ”hanno in piu’ occasioni concluso affari in paesi nei quali era in atto l’embargo internazionale”. E’ quanto sottolinea il gip del Tribunale di Napoli, Luisa Toscano, nelle motivazioni poste alla base della ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di Mario Di Leva e Annamaria Fontana, i coniugi di San Giorgio a Cremano convertiti all’Islam e coinvolti in un traffico internazionale di armi. Il giudice evidenzia gli elementi raccolti nell’ambito dell’inchiesta condotta dai pm della Dda Catello Maresca e Maurizio Giordano e coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Dalle indagini e’ emerso che la coppia ha messo in atto ”condotte atte a vendere, a paesi in cui sono in corso violenti contrasti o addirittura conflitti bellici, armi e altre strumentazioni militari”. Il traffico internazionale di armi e di materiali ‘dual use’ e’ stato realizzato ”in modo altamente professionale e fuori dai canali ufficiali”. ”I Paesi interessati all’acquisto – scrive il giudice – sono sottoposti a embargo internazionale e pertanto i rappresentanti di quei Paesi si rivolgono non direttamente alle aziende produttrici ma a rivenditori del mercato parallelo, che acquistano dalle aziende produttrici e schermano, con minor severita’ di procedure e documenti falsi preposti all’occorrenza, la reale destinazione dei beni venduti”. Di Leva e la Fontana, nel corso dell’udienza di convalida del fermo svoltasi mercoledi’ scorso nel carcere di Poggioreale, si avvalsero della facolta’ di non rispondere. Ma nei giorni successivi, assistiti dagli avvocati Giuseppe De Angelis e Lucio Caccavale, sono stati interrogati a lungo dai pm. Gli inquirenti intendono approfondire anche i rapporti che la donna, coinvolta anche in trattative in paesi arabi per la liberazione di ostaggi.