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In questo preciso momento storico che il nostro paese sta vivendo, se un giovane, anche solo lontanamente, tenta di pensare al proprio futuro come lavoratore e come cittadino di un mondo in crescita e in decadenza al tempo stesso, è possibile, sempre, riscontrare quella vena triste, un po’ ambigua e confusa che aleggia nei suoi occhi. Qui in Italia, soprattutto, è sempre più difficile, per i ragazzi che si apprestano a frequentare l’università, immaginarsi in un contesto lavorativo, perché forse, per molti di loro, quelle porte tanto temute non si apriranno mai.
Da un po’ di tempo la situazione non fa che peggiorare e basta navigare un po’ in internet per scoprire storie di ragazzi che fino all’ultimo cercano di arrampicarsi, con tutte le forze che hanno, ad una speranza forse inventata, perché anche quelle sono state abolite: le speranze di coloro che tentano di sollevarsi e che tentano di farsi strada, ma le cui ali si spezzano, anzi, vengono spezzate perché, come sappiamo, oggi vige la legge le più forte, alias del “raccomandato”. Ragazzi che cercano la soluzione nel suicidio oppure nella malavita e ragazzi che migrano alla ricerca dell’ignoto.
Alla luce di ciò, che le “persone” non si lamentassero del fatto che l’Italia è un paese vecchio e non si lamentassero se la malavita cresce. Nella maggior parte dei casi i problemi dovrebbero essere risolti non da chi li subisce ma di chi li arreca. E così il nostro paese muore annegando lentamente e con sofferenza, in un silenzio assordante, in una crisi senza precedenti dove gli adulti lavorano fino a 70 anni non lasciando spazio ai giovani, in cui non esiste più la sanità, come sta succedendo a Torre del Greco, dove la scuola viene continuamente bombardata forse perché c’è a chi l’ignoranza fa comodo e in cui chi per tutta la vita ha fatto sacrifici, li vede ora svanire improvvisamente nel nulla.
Alessia Rivieccio
Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 7 novembre 2012