Secondo un’inchiesta choc del Mattino, dietro i roghi che stanno devastando l’area attorno al Vesuvio ci sono ex disoccupati organizzati, ex lavoratori a progetto rimasti esclusi dai finanziamenti. Le persone che oggi appiccano il fuoco e domani sono lì a lavorare per ricostruire il territorio, per bonificarlo, per controllare che una sciagura simile non si ripeta più.
È questa la pista battuta dalla Procura di Napoli, in stretta collaborazione con la Procura di Nola e quella di Torre Annunziata. Gli uomini della Forestale sono al lavoro per ricostruire il disegno criminale. Conoscono sigle e strategie di lotta: i disoccupati, secondo gli investigatori, sanno muoversi come una perfetta organizzazione, spesso spalleggiati dalla camorra, ben lieta di speculare sulle emergenze bypassando i controlli delle istituzioni per accedere a finanziamenti diretti.
Questa ipotesi spiegherebbe buona parte dei roghi, in particolare di quelli scoppiati nell’area vesuviana. A distanza di quindici giorni sono stati ritrovati tre inneschi. Tre punti, uno ad Ottaviano, uno ad Ercolano, uno a Torre del Greco, da cui le fiamme si sono diramate. Tre inneschi per un’unica regia, e la Forestale ha individuato la tecnica adoperata.  E proprio dagli inneschi e dalla tecnica utilizzata che il lavoro degli inquirenti parte per risalire fin su alla mano incendiaria che sta uccidendo l’ecosistema del Vesuvio e che sta avvelenando migliaia di abitanti che abitano alle falde del vulcano.
Questi incendi, secondo la Procura, però, hanno matrice ben diversa rispetto ai roghi accesi in altre zone della Campania, in quelle aree, la pista battuta dagli inquirenti porta allo sversamento e al traffico dei rifiuti tossici. Altro movente, ma sempre riconducibile ad interessi economici, quello che arma la mano di questi piromani assassini.
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