Il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Napoli e dal Nucleo Speciale Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Roma, nel corso delle indagini, ha accertato la colpevolezza delle persone fermate ritenute responsabili a vario titolo, tra l’altro, per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla produzione e alla commercializzazione di banconote contraffatte.
L’operazione di oggi s’inquadra in una più ampia e articolata indagine, iniziata nel 2012 e sviluppata sotto la direzione della Procura della Repubblica di Napoli che ha permesso di disvelare la costituzione e la piena operatività di un’organizzazione criminale, ramificata sul territorio nazionale ed europeo, con basi operative in Campania e in Romania, dedita prevalentemente alla falsificazione di banconote di euro contraffatte ed alla loro messa in circolazione nel territorio italiano e dell’Unione Europea.
Numeri importanti per l’indagine dei militari considerato che sono state sequestrate ben tre stamperie clandestine tra il napoletano e la Romania oltre che 28 milioni di euro di banconote contraffatte (in specie, 939.775 banconote contraffatte da 10, 20 e 50 euro). Il gruppo criminale ruotava attorno alle figure di Angellotti Giuseppe (del 1953), di Marano di Napoli, e Capasso Giovanni (classe 58), di Casoria, che avvalendosi di una decennale esperienza nel settore, hanno allestito stamperie clandestine per la produzione di banconote contraffatte euro contraffatte sia in Italia (Torre Annunziata) che all’estero (Romania).A gestire, invece, gli opifici abusivi, c’erano Rivieccio Aniello (classe 50) e il figlio Michele (classe 79) di Torre del Greco, esperti manutentori di macchinari tipografici professionali (unitamente a Gargiulo Sergio di Santa Maria Capua Vetere). In questo ambito è stata accertata la colpevolezza, per appoggi logistici, che erano garantiti dalla complicità di Carillo Antonio (‘cl 71) e dalla famiglia Visiello (Gennaro –classe 46 e dei figli Michele e Santo, tutti di Torre Annunziata e anche finanziatori delle operazioni illecite). La merce veniva smistata nel territorio napoletano da un altro oplontino, Izzo Felice, di anni 50, che si prodigava nel procacciare clienti interessati nell’acquisto delle banconote falsificate tra i quali spiccavano le posizioni dei fratelli Cante, Enrico e Domenico entrambi di Giugliano in Campania. Il modus operandi utilizzato consisteva nell’individuare immobili commerciali riconducibili a soggetti incensurati (o con piccole condanne senza specifici per contraffazione di banconote) che davano la loro disponibilità a modificare strutturalmente i locali, ricavando al loro interno aree opportunamente occultate grazie alla predisposizione di pareti amovibili. Attraverso la messa in funzione dei relativi macchinari, l’organizzazione iniziava la produzione di banconote contraffatte per un brevissimo lasso temporale (circa 10/15 giorni nell’arco dei quali potevano stampare oltre 15 milioni di euro falsi). I tredici erano stati capaci anche di estendere il sodalizio criminale in Romania dove alcuni titolari di regolari attività tipografiche in quello Stato, aiutavano i falsari durante le operazioni di creazione e commercializzazione. Per rendere possibile la qualità della falsificazione, si sono trasferiti in Romania gli esperti tipografi napoletani, Capasso e Angelotti, per oltre sei mesi.