Meno di mezz’ora dopo l’impatto, quando ancora si trovava nella rada del porto toscano, la collisione con la petroliera Agip Abruzzo, la prima nave ad essere soccorsa, nessuna vittima tra quanti erano a bordo. Per quasi un’ora invece nessuno si accorse che il Moby era alla deriva completamente avvolto dalle fiamme.
Tantissime le vittime tra passeggeri ed equipaggio, di questi molti erano campani e principalmente erano originari di Ercolano e Torre del Greco.
La sera del 10 aprile 1991 nel porto di Livorno, mentre si consumava la tragedia del Moby Prince il traghetto a bordo del quale morirono 140 persone dopo la collisione con la petroliera Agip Abruzzo, “non c’era nebbia. Lo ribadisco”.
Guido Frilli, davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta, ha ripetuto quanto già all’epoca aveva detto a chi indagava, ma il suo verbale non entrò mai nel fascicolo dell’inchiesta. La Commissione, istituita nel 2015 e presieduta da Silvio Lai (Pd), ha concluso i suoi lavori nel mese di dicembre. La relazione finale dovrebbe essere presentata tra qualche giorno e poi essere trasmessa alla procura per l’apertura di una nuova inchiesta. Le parole di Frilli, un livornese che dalla sua abitazione seguì quanto succedeva in rada, ripetute alla Commissione, potrebbero far riscrivere una nuova verità sulla tragedia per la quale una delle cause era stata individuata nella foschia che avrebbe impedito di capire cosa stava avvenendo e soccorrere i passeggeri del traghetto.