Mi tocco, ma mi sembra di non avere le dita, e anche la parte toccata non reagisce… Sarà proprio così: sono morto!
D’altra parte, prima o poi doveva accadere… Ma vuoi vedere che si tratta di un sogno? No, non è possibile, l’ho sognato tante volte questo momento fatale, ed era molto diverso…
Ad un tratto ho la certezza che il ‘trapasso’ è realmente avvenuto: non ho nessuna voglia di fumare!
Il medico me l’aveva detto: “Il vostro vizio ve lo porterete fino alla tomba”; ora sono al di là della tomba e, quindi, niente più sigarette. E poi dicono male dei medici e della Sanità!
D’improvviso, un pensiero mi folgora: mi pare d’essere già da tempo in questa mia nuova condizione, e non succede niente: ci sarà qualcuno che dovrà dirmi che devo fare, da morto?
Non faccio in tempo a pensarlo, che una luce – prima pallida, poi sempre più decisa – mi appare in lontananza. Mi viene spontaneo dirigermi in quella direzione.
Mi fermo davanti a un monumentale cancello, che piano piano si sta spalancando… Sulla destra, all’interno, c’è un ometto vestito di bianco con un foglio di carta tra le mani…
“Vieni, vieni, Sergio.” mi dice senza staccare gli occhi dal foglio. “Ce ne hai messo di tempo per arrivare.” aggiunge, ma senza alterare il tono di voce.
“E’ che non ho capito subito quello che era successo…” mi giustifico. “Che vuoi che ti dica: è la prima volta che mi capita di morire.”
“Non preoccuparti” ribatte, cortese l’omino. “Fate tutti così… Però, adesso sbrighiamoci… Ti devo sistemare… A proposito, io sono Angelo, il custode.”
“Sei… sei l’Angelo Custode…” farfuglio estasiato. “Allora ci sono davvero, gli angeli custodi!…”
“Cominciamo con le solite ‘favolette’ che v’hanno raccontato sulla Terra!” si risente l’ometto. “Io mi chiamo Angelo e solo casualmente mi hanno affidato l’incarico di custode.”
“L’incarico? Ma… a tutti viene affidato un incarico?” chiedo con leggera apprensione.
“Certo, e cosa credevi, di venire qui in villeggiatura? Ti tocca lavorare, come agli altri…”
“Ma allora sono stato destinato all’Inferno? Senza neppure aspettare il Giudizio Universale?”
“Il Giudizio Universale! Altra ‘favola metropolitana’! Non c’è nessun Giudizio Universale, il curriculum della nostra vita è sufficiente perché si prendano immediatamente delle decisioni, non appena arriviamo qui…”
“E il mio non è stato giudicato positivamente…” mormoro a capo chino.
“Non dire sciocchezze!” esclama Angelo, e adesso si mostra nervoso. “Tu sei in Paradiso, quinta isoletta a sinistra, terza nuvola a destra. Su, sbrigati ad andare e poi ti sarà detto il da farsi.”
Sono da tre giorni (o tre mesi o, forse, tre anni: e chi lo sa, non ho neppure l’orologio; quella taccagna di mia moglie ti pareva che pensava a mettermi l’orologio, quando m’ha avviato verso l’ultimo viaggio!) sulla nuvoletta.
Ogni tanto mi arrivano le note di una musica celestiale, sento dei cori, suppongo di Serafini o di Cherubini.
Comincio ad annoiarmi.
Non è successo niente, non è venuto nessuno, forse si sono dimenticati di me!
Provo a tornare da Angelo. Mi muovo con estrema leggerezza tra le nuvole, e lo
ritrovo lì, sempre sulla destra del grande cancello.
Angelo mi dice che devo aspettare, lassù in alto stanno decidendo sul da farsi; ci sono tanti nelle mie stesse condizioni, gli incarichi da conferire sono delicati e non è tollerato il benché minimo errore da parte del ‘Capo dell’Aldilà’!
“Va bene, va bene, aspetto… Tanto che fretta c’è?” gli dico rassegnato. “Però spiegami questa stranezza. Non credo si tratti di una mia ‘fantasia’: a poca distanza dalla mia nuvoletta, mi sembra, ogni tanto, di sentire grida, risate, una gran confusione…”
“E non ti sbagli.” conferma il custode. “La tua isoletta confina proprio con l’ingresso dell’Inferno…”
“Vuol dire che mi sono salvato proprio per un pelo?” gli chiedo, rabbrividendo.
“Questo non lo so. Ma, se vuoi, ti ci porto a fare un giretto, all’Inferno.”
Di lì a poco, saltando agilmente di nuvoletta in nuvoletta, siamo in prossimità dell’enorme vallata infernale.
All’ingresso, due terribili diavoli, con dei poco rassicuranti forconi incandescenti. Per fortuna, ci lasciano passare.
“E quelli chi sono”? domando alla mia guida, mentre mi soffermo ad osservare quattro ‘anime’ sedute intorno ad un tavolo verde.
“Sono dei giocatori di carte incalliti, condannati a giocare per l’eternità a poker, tressette, briscola, scopone…”
“E fumano pure!” osservo meravigliato.
“Certo, qui si conservano tutti i vizi che si avevano sulla Terra.”
Più in là, in una specie di bar dalle ardite fogge architettoniche, molto avveniristico, una folla ai tavoli e nei pressi del banco di mescita.
“E quelli?” chiedo incuriosito.
“Non li vedi?” risponde Angelo. “Sono dei poveri alcolizzati…Bevono senza posa, e si ubriacano, come facevano da vivi. Nella valle a fianco, vedrai migliaia di
tavole imbandite, con tutte le leccornìe di questo, anzi di quel mondo…”
“Scusami, Angelo, non so se posso osare…” azzardo timidamente.
“Certo che puoi!” mi incoraggia la mia paziente guida.
“E c’è anche una valle, che ne so, una balza, un girone, per quelli che in vita avevano troppo a cuore, come dire, l’amore passionale?”
“Sicuro, con tutte le diavolesse che si hanno a disposizione!”
“Mi sorge un dubbio: tu sei proprio certo che questo sia l’Inferno? E se è così, non si può fare niente per essere sottoposto a un altro giudizio?”
“Quello che è scritto è scritto!” urla con enfasi Angelo.
“E neanche se commettessi adesso un ‘peccatuccio’? Se, per esempio, ti frantumassi qualche ossicino delle gambe, o ti procurassi qualche lesione multipla alla testa?”
“Non dire sciocchezze, Sergio, non bestemmiare! Adesso basta! Il Signore, nella Sua Bontà Infinita, ti ha eletto al suo Regno, e tu… Ingrato: ritorna subito alla tua nuvoletta!”
“Va bene, va bene, Angelo, non ti scaldare… Dicevo così, tanto per fare due chiacchiere… Vado, vado… Però devi ammettere che, dopo quello che ho visto, è pure legittimo che possa venire qualche dubbio…”
I racconti di Ernesto Pucciarelli