Capitolo VII – Il primo appuntamento. Era la seconda settimana di settembre. La stagione estiva, ormai, era soltanto un ricordo. Non molti anni fa, spesso già dopo il ferragosto “si rompevano i tempi”…
Gli stabilimenti balneari cominciavano a ‘smontare’ le cabine; sulla spiaggia, solamente qualche sporadico ombrellone che riparava qualche anziano turista da un pallido sole, che non bruciava più sulla pelle…
Anche alla pensione “Azzurra” erano rimasti pochi clienti e, tra questi, Hans. I suoi amici erano andati via già da molti giorni.
“Ma quando torni in Germania?” gli aveva chiesto Rosa.
“Io già a casa… Napoli , adesso, è casa mia…” le rispose il ragazzo.
“Abiti a Napoli?” si meravigliò la donna.
“Sì, questo è due anno…”
“Ho capito… E’ il secondo anno che vivi a Napoli… E, se non sono indiscreta, che ci fai a Napoli? Lavori?”
“No, io studiare… Studiare pittura, all’Accademia delle Belle Arti… I corsi ricominciano tra dieci giorni.”
“Studi all’Accademia, quella che sta al Museo, a Napoli? Ma tu guarda che combinazione! Pure una mia nipote va proprio là, a scuola… Aspetto che adesso chiamo mia figlia Serena, lei ti può spiegare meglio, io non ne capisco molto, di scuole…”
Serena si precipitò, non appena la madre, di lontano, le fece cenno di avvicinarsi al tavolo accanto al quale stavano sedute lei ed il giovane tedesco. Hans le piaceva, era attratta dai suoi modi gentili, dalla sua riservatezza, e non faceva nulla per nasconderlo…

Rosa, naturalmente, aveva notato quell’’interesse da parte di Serena e… non le dispiaceva. Adesso che aveva saputo che Hans era addirittura un artista, era ancora più contenta…
Ammirava incondizionatamente i pittori, i musicisti, gli scrittori, tutti coloro che erano pervasi dal sacro demone dell’Arte! Naturalmente, questa definizione dell’artista, non era farina del suo sacco…
L’aveva letta su di un libro e non l’aveva più dimenticata… Rosa credeva realmente che gli artisti avessero qualcosa in più, rispetto agli altri essere umani, una capacità di cogliere degli aspetti della realtà che travalicava la normalità.
Lei aveva immediatamente ‘sentito’ che Hans era una persona ‘speciale’, così come durante quel breve, ma intenso incontro nella cantina di zia Pina, aveva intuito che ‘speciale’ lo era anche Karl… Chissà, forse pure lo spaventato tenentino tedesco era un artista…

Alcune sere prima che andasse via da Meta, dalla terrazza della sua pensione, Hans s’era soffermato a lungo ad osservare il tramonto del sole all’orizzonte.
“Bello, eh?” gli aveva detto Rosa. “Ti capisco… Nella tua terra sicuramente un tramonto così, è difficile vederlo… Aspetta, ho un discreta macchina fotografica: vuoi che vada a prenderla, così potrai ricordare questo spettacolo eccezionale ogni volta che ti farà piacere?”
“Grazia, signora Rosa…” le aveva risposto il giovane. “Io non bisogno di foto… Quella luce, quei colori, stanno in mia testa: basterà chiudere gli occhi,  ed io li vedrò quando voglio, proprio come li vedo adesso…”
Vedere con gli occhi della mente… Poter richiamare immagini, colori, sensazioni che non erano più presenti, soltanto con la forza del pensiero: che cosa meravigliosa, doveva essere possedere simili facoltà!
La donna era immersa in questi pensieri, quando Pasqualino la chiamò ad alta voce: era arrivato il garzone del macellaio, e bisognava controllare che avesse portato ‘i pezzi’ di carne giusti, quelli che lei aveva ordinato.
Rosa si riscosse e si diresse immediatamente verso la cucina. Pasqualino la conosceva benissimo, sapeva che la sua padrona si sarebbe fatta afferrare un diavolo per capello, se si fosse ‘permesso’ di far scaricare la carne senza interpellarla…



“Ecco, questo è l’indirizzo… Via Costantinopoli, 67, non molto distante da Port’Alba…” stava dicendo Hans a Serena, porgendole un foglietto di carta. “Tu me promesso, che venire a trovare a mio studio…”
“Certo, non appena possibile ci verrò, ma…” gli rispose la ragazza esitante.
“Ma? Che cosa c’è che non va?” le chiese Hans.
“Niente… Tu vivi da solo?”
“Sì, perché tu vuoi sapere questo?
“Avevo pensato… Quella ragazza, Ingrid…”
Ecco, è da quando era arrivato alla pensione insieme ai suoi amici, che Serena moriva dalla voglia di fargli quella domanda: che cosa rappresentava Ingrid per lui?

Hans le piaceva, si sentiva irresistibilmente attratto da quel ragazzo, ma se era già legato sentimentalmente a un’altra, se il suo cuore era già impegnato…
Serena seguiva in tutto e per tutto gli insegnamenti di sua madre Rosa… e Rosa le aveva sempre detto che mai e poi mai, neppure se si fosse innamorata follemente di qualcuno, avrebbe dovuto provare a frapporsi in un rapporto che era già costituito: non si poteva costruire la propria felicità, distruggendo quella degli altri, prima o poi quella ‘cattiveria’ la vita l’avrebbe fatta pagare!
“No, Ingrid non è mia fitanzata…” sorrise il giovane. “Lei mia buona, grande amica, sin dalle, come le chiamate voi le prime scuole? ecco. sì, fino dalle elementari: è così che si dice?”
“Sì… scuole elementari, bravo Hans!” si complimentò Serena, che adesso si sentiva ‘sollevata’.
Passarono alcune settimane. Serena non era ancora andata a far visita ad Hans: che cosa la tratteneva dal farlo?
La sua era una remora di non poco conto…
Hans non era sentimentalmente impegnato, e questo era un ‘punto’ positivo… Però, viveva da solo: non era sconveniente per una ragazza recarsi a casa di un uomo solo? E per di più, un artista?
Si sa che gli artisti, in particolare i pittori, sono poco affidabili, in quanto a serietà… Sui loro studi, poi, è risaputo che è un continuo via vai di ragazze, di modelle…
Rosa le aveva fatto una testa così, di questi discorsi, quando lei le aveva espresso il desiderio di voler andare a trovare Hans al suo studio.
“Non ti sto proibendo di andarlo a trovare… Oltretutto, quel giovane mi sembra proprio un bravo ragazzo…” aveva detto Rosa. “Ecco, una soluzione, forse, c’è: vai a trovarlo insieme a tua cugina Carmela… Lei è anche una sua collega all’Accademia… Sì, vacci con Carmela, questa mi sembra proprio il modo più corretto di risolvere il problema…”
‘Il modo più corretto di risolvere il problema’… aveva detto mamma Rosa. Ma perché pensava che la visita ad Hans costituisse un problema, per lei?

Se la ragazza gliene aveva parlato, era stato solo per informarla delle sue intenzioni… Da sempre, Serena l’aveva fatto, mai che avesse nascosto qualcosa a sua madre…
Questa volta, però… Andare a trovare Hans insieme a sua cugina Carmela! Che bell’idea, aveva avuto donna Rosa! Non se ne parlava proprio, non ci teneva per niente a fare la figura della ‘ragazzina’, della lattante!
Hans le aveva detto che lui, all’ora di pranzo, era in casa tutti i giorni. Una donna del rione, a fronte di un compenso in danaro veramente irrisorio, gli cucinava un piatto caldo, oltre a ripulirgli lo studio da tutte le ‘cianfrusaglie che, immancabilmente, lasciava in giro.
Per questo, un lunedì, verso le undici del mattino, disse a Rosa che se ne andava a Napoli per fare delle compere. In realtà, quella era soltanto una mezza bugia: lei a Napoli ci stava andando per davvero, anche se non per lo shopping, ma per far visita ad Hans.
Non ebbe alcuna difficoltà per trovare il palazzo nel quale abitava il suo amico tedesco: a pochi passi da Port’Alba, le aveva detto Hans, e le sue indicazioni erano state assolutamente precise…
Dopo un’arrampicata di oltre quattro piani (i palazzi antichi, alcuni anni fa, non erano serviti da ascensori, e gli scalini erano tanti e belli alti!) la ragazza giunse, ansimando per la fatica, ad una porticina sulla quale a stento si leggevano il nome ed il cognome di Hans.

Bussò il campanello… Pochi attimi d’attesa ed ecco Hans.
Guardò a lungo la ragazza, quasi a voler capacitarsi che quella davanti a lui non era una visione creata dalla sua immaginazione…
“Serena… Non ci posso credere…” esclamò subito dopo, e la strinse calorosamente a sé.
La ragazza rimase sorpresa da quell’accoglienza… Oltretutto, i tedeschi hanno fama d’essere piuttosto ‘freddi’ nell’esternare i propri sentimenti.
“Vieni, entra… Ecco, siediti su questo divano…” le disse Hans mentre, con le mani, provava a ripulire da una miriade di briciole di pane i cuscini di un vecchio sofà, stinto e malandato. “Tu scusare me, per disordine… Io appena fatto pranzo…”
Hans si stava scusando per il disordine… Ma ‘disordine’ non era proprio la parola giusta…
Dovunque girasse intorno lo sguardo, Serena non vedeva altro che cumuli di cartacce, rifiuti di cibo, bottiglie e lattine di birra e… tanta polvere, una polvere talmente densa da aver ricoperto di una patina biancastra i pochi mobili che arredavano lo studio di Hans.
“Ma la donna che ti cucina e ti aiuta a governare lo studio, non viene più?” gli chiese, meravigliata, per il caos che la circondava.
“Ecco…” farfugliò il giovane, imbarazzato, intuendo i pensieri di Serena. “Se sapevo che tu venire… Fraulein Nina, la signorina Nina, lei malata da qualche giorno… Io, non bravo per polizie… Dovrei chiamare altra donna, ma io non conosco…”

“Che non te la cavi bene con le pulizie, questo si capisce subito…” sorrise Serena. “Ma almeno i rifiuti, le bottiglie e le lattine vuote, non sai metterli in un sacchetto e buttarli via”?
“Tu, ragione…” si mortificò il giovane. “Ma io molto da fare, questa settimana, molti exercizi, l’esame di nudo… Si dice così, non è vero?
“Ah, non chiederlo a me!” gli rispose laragazza. “Capisco di arte come tu puoi capire di taglio e di cucito!”
“Ora io te spiegare…” riprese Hans. “In Accademia, c’è modella… Lei viene, si spoglia e noi tutti disegnare suo corpo…”
“Se è così, penso proprio che sia un esame di nudo, quello che stai preparando.” le confermò Serena.
“Tu vedere i miei lavori? Io voglio tuo giudizio… E’ importante, per me…” le chiese Hans.
“Ma se t’ho appena detto che non ne capisco nulla…” protestò Serena.
“Sì, tu non esperta di arte, d’accordo… Però, sai dire se una cosa ti piace o te non piace…”
“Se si tratta solo di questo, non ci sono problemi!”
Hans si allontanò e si diresse verso uno stanzino che s’apriva sulla destra della camera nella quale si trovavano.
Pochi attimi dopo, sistemò davanti alla ragazza una decina di tele, sulle quali era raffigurata una donna completamente nuda.
Serena osservò le tele per qualche minuto, e poi: “Non so spiegarti, è strano… ” disse ed Hans. “Ti ripeto che non sono un’esperta, ma questi dipinti, anche se mi sembrano ben fatti, trasmettono una sensazione come dire… di freddezza…”

“Invece questo ritratto,” continuò, mentre Hans l’ascoltava con grande attenzione “sembra vivo, sembra che mi parli… Chi è questa bellissima donna?”
“Non so proprio spiegarmi come ci sia finito lì, tra queste tele insignificanti, questo ritratto… E’ mia madre…” le rispose Hans.
Serena continuava ad ammirare, estasiata, il dipinto.
“Aspetta… ” le disse Hans. “Voglio fare altra prova, con te… Tu potere restare ancora qui un altro poco?”
“Sì, posso trattenermi ancora… Ma stai parlando di una prova… Quale prova? Che vuoi dire?” gli domandò la ragazza.
Hans si precipitò nuovamente nello stanzino e ne uscì subito dopo con un bel numero di tele che reggeva sotto il braccio.
“Ecco…” disse a Serena, che lo guardava incuriosito, senza capire quali fossero le sue intenzioni. “Tu adesso guardare, e dire a me quelli quadri che piace e quelli che non piace…”
Erano dei paesaggi, molto diversi per ‘soggetto’ e per fattura.
La ragazza impiegò una decina di minuti, prima di scegliere, come le aveva chiesto Hans. Poi, mise da parte quattro dipinti.
“Questi mi piacciono… Non lo so, se sono pittoricamente validi, però mi piacciono…”
Hans la guardò con un’espressione stupita.
“E’ incredibile… E’ incredibile…” continuava a ripetere, passeggiando su e giù per la stanza. “Tu, come dice, non capire di arte, ma sicuramente capire mio cuore!” le disse, commosso.
“Te piacere dipinti di cose che amo, che ho fatto con cuore…” aggiunse subito dopo. “Ritratto di mia madre, e… Vedi queste montagne? Sono le montagne del mio paese, dove ho vissuto prima di andare in città… E questo mare è quello che vedo da mia camera, a Meta di Sorrento, in tua pensione… Tutti questi quadri significato grandissimo, per me, e tu l’hai capito…”
Serena era rimasta senza parole. Quello che le aveva detto Hans la meravigliava e, nello stesso, tempo l’affascinava.
Lei che non s’era mai soffermata a guardare un’opera d’arte, neppure quando era stata ‘trascinata’ a viva forza a visitare un museo, era riuscita a cogliere l’essenza della pittura del suo amico e questa scoperta l’aveva sorpresa, lasciandola quasi senza fiato…

Aveva un significato tutto quello che le stava accadendo? Hans le aveva detto che lei era capace di leggere nel suo cuore, ma perché ci riusciva? Che cosa rappresentava quel ragazzo, per lei?
Un amico? No, Hans non era un suo amico… Si è amici di qualcuno quando, alla base di questo rapporto, c’è una condivisione profonda, non superficiale, di interessi, di esperienze, di modi di concepire la vita… Ma perché ogni volta che lo guardava si sentiva pervasa da un’emozione che riusciva a fatica a controllare?
Quel ragazzo le piaceva, non aveva alcun dubbio, e questo, forse, spiegava tutto…
No, neppure questa considerazione la soddisfaceva… Hans non era certamente il primo bel ragazzo che conosceva, ma non le era mai successo, con gli altri, di provare quelle stesse sensazioni…
Serena era talmente immersa nei suoi pensieri da non accorgersi che Hans era ritornato e le stava parlando.
“Solo pochi minuti…” le disse il giovane, sedendosi di fronte a lei. “Io ho bisogno di fare un’altra prova.”
Aveva poggiato in grembo un album da disegno e tra le dita reggeva un carboncino.

“Tu non muovere, please…” le intimò, ma sorridendo.
Il carboncino si muoveva rapidamente sul foglio da disegno, con tratti decisi e sicuri.
Serena provò a sbirciare sul foglio: che cosa stava disegnando Hans?
“Ah, tu imbroglia!” la rimproverò scherzosamente il giovane. “Devi stare ferma… Solo poca pazienza, e poi vedi…”
“Ecco, ho finito… Adesso tu potere guardare…” disse poco dopo, e gli si leggeva in volto che era soddisfatto.
“Ma questa sono io!” si meravigliò Serena. “E’ somigliantissimo… Sembra una fotografia in bianco e nero…”
“Era prova che cercavo… Io te disegnata con cuore, per questo bello…” aggiunse Hans, carezzandole il volto dolcemente.
La mano del giovane s’era soffermata pochi attimi sul volto di Serena… Poi, lentamente, era discesa fino al collo…
La ragazza avvertì come un brivido, uno sconosciuto piacere che le stava attraversando il corpo e che non accennava a diminuire d’intensità, nonostante Hans avesse smesso di toccarla. Era una sensazione forte, mai provata prima d’allora… tanto forte, da averne paura.
Si riscosse con un fremito, balzò in piedi e fece per andare via. In quel momento, desiderava soltanto fuggire, andare quanto più lontano possibile da Hans.
Il giovane avvertì il senso di disagio della ragazza.

“Io non capire… Il mio solo gesto d’affetto…” disse, mortificato.
“No, non ti preoccupare…” lo rassicurò Serena. “Sono io, che sono un poco strana… Ogni tanto, mi prende una specie d’ansia… Per caso, un attimo fa, ho guardato l’orologio… E’ tardissimo, devo andare, mia madre mi mangerà viva! Scusami, Hans!”
Si avviò a passo spedito verso la porta.
“Ma… tornerai a trovare me?” le domandò il giovane, mentre Serena era già sulla soglia e s’apprestava a scendere per le scale. “Io te devo parlare, devo dire cosa molto assai importante…”
“Sicuro… Verrò di nuovo a trovarti!” gli confermò la ragazza, evidentemente imbarazzata.
“Quando tu venire? le domandò il giovane.
“Non lo so ancora, ma verrò… Farò come oggi: un’improvvisata!” rispose, farfugliando lievemente, e gli fece un cenno di saluto.
Hans la seguì sin fuori la porta… Discese alcuni gradini: da lì poteva osservare Serena mentre ‘divorava’ rapidamente le rampe della scalinata… Restò in quella posizione, immobile, fino a quando non la vide scomparire…
di Ernesto Pucciarelli

Fine settimo capitolo

Sommario:
Capitolo I – Meta di Sorrento
Capitolo II – Lo scialle lucente
Capitolo III – Serena
Capitolo IV – Hans Stainer
Capitolo V – Zia Pina
Capitolo VI – Karl Stainer
Capitolo VII – Primo appuntamento