Capitolo X – Al cuore non si comanda… Serena attese per un’intera settimana la telefonata di Hans, ma inutilmente. Che cosa era successo? Per quale motivo non l’aveva chiamata? Si pose più volte questa domanda, ma alla fine concluse che era meglio così.

Sentiva ancora viva in lei la sensazione di disagio provata quando aveva posato per lui nel suo studio. No, non era soltanto la difficoltà di mostrarsi nuda ai suoi occhi… Quello che la infastidiva maggiormente, era il sentirsi completamente indifesa di fronte ad Hans… Ecco, la nudità fisica, quella avrebbe anche potuto superarla, ma quel senso di soggezione, di totale sottomissione, sapeva con certezza che non sarebbe riuscita a vincerlo.
Meglio, molto meglio, se Hans non l’aveva cercata… Lei s’era sempre ritenuta una ragazza decisa, determinata, con un carattere forte e marcato. Di fronte ad Hans, invece, tutte le sue certezze svanivano… Perché? Non riusciva a spiegarselo…
E’ vero che aveva preso un impegno con il suo amico pittore, ma se lui non l’aveva cercata, probabilmente, aveva trovato un’altra ragazza disposta a fargli da modella, sicuramente più brava di lei.

Decise, perciò, che ad Hans non avrebbe più pensato, era preferibile mettere una bella pietra sopra su quell’esperienza vissuta…
Si sentì sollevata, dopo aver preso quella decisione… Ma per quale motivo, tutte le notti, non riusciva a prendere sonno, si sentiva agitata, confusa, non in pace con se stessa?
C’entrava Hans, in tutto quello? Ma no – si diceva – Hans era ormai un capitolo chiuso, non contava più niente… Capitano, nella vita, dei periodi ‘strani’, particolari, in cui s’avvertono delle sensazioni che non si riescono a spiegare…
La ragazza si convinse che realmente era così e che in breve il ‘momento no’ sarebbe passato e avrebbe riacquistata la sua serenità.



Erano già trascorse due settimane, l’autunno, un autunno insolito per Sorrento, si faceva sentire in una crudezza tale da far pensare che fosse già inverno inoltrato. Pioveva da diversi giorni e un vento freddo spirava senza posa.
Rosa, da dietro i vetri della finestra del soggiorno, guardava gli alberi che si piegavano fin quasi a toccare terra e sentiva le fronde stormire in un macabro lamento.
“Succede raramente, ma succede…” disse a Serena che leggeva un libro sdraiata mollemente sul divano. “Quasi sempre, il freddo viene a gennaio, a febbraio… Dalle nostre parti, il gelo capita una, massimo due volte l’anno… Tuo padre Vincenzo era un esperto… ‘Rosine’ – mi diceva – quando a novembre fa male tiempo ‘a vernata sarrà cavera…’ Per lui, era importante, significava che poteva uscire qualche volta con il suo peschereccio anche in pieno inverno… Sere’, ma me staie sentenno? Si può sapere che tiene?” chiese con tono di voce preoccupato alla figlia, che non staccava gli occhi dal suo libro.
“E’ vero che fa freddo e tira vento assai… “ continuò. “Ma è più d’una settimana che non esci di casa… Tenisse ‘a freve?”
“Ma, no, mamma, non ti preoccupare… Sto bene, sto bene… E’ solo che non vado più a scuola, alla pensione non c’è quasi nessuno in questo periodo, insomma non so proprio come impiegare il mio tempo…” le rispose la ragazza.
“E’ solo questo? Ma si’ sicura? Gesù mio, ti ringrazio! Insomma, io non posso stare mai ‘nu poco tranquilla! E va bene, le scuole l’hai finite… Ti capisco, è brutto quanno nun se tene niente che fa’… Però, tu si’ ‘na guagliona, è brutto, non te ne stare chiusa in questa stanza, da sola, buttata sopra a questo divano… Esci, va’ a trovare tua cugina, un’amica, andate a fare una passeggiata, un cinema…”

“Sì, si, hai ragione…” convenne Serena. “Domani vado da Concetta, di prima mattina… Ce ne andiamo un poco in giro… Se il tempo migliora, ci allunghiamo fino a Massalubrense…”
Il giorno dopo, Serena effettivamente uscì di casa di buon’ora, ma non si recò dalla cugina. Sembrava un’invasata, gesticolava, parlava da sola; qualche passante addirittura pensò che quella ragazza dovesse avere le ‘rotelle’ che non giravano proprio per il verso giusto.
Vagò senza meta per più di due ore; poi, la decisione, improvvisa: si recò alla stazione della circumvesuviana e salì sul primo treno in partenza per Napoli.
Aveva lottato con tutta se stessa, mille volte s’era detta che no, non avrebbe ceduto a quell’impulso… E invece adesso stava correndo a perdifiato per Via Costantinopoli, verso lo studio di Hans!
Anche le scale le ‘divorò’ in un baleno. Poi, ansante, si appoggiò alla porta di Hans ed attese che il respiro le si regolarizzasse, prima di bussare il campanello.
Hans la guardò, sorpreso.
“Serena… Tu fare me molto felice…” disse, mentre le prendeva la mano e l’introduceva nello studio. “Io non m’aspettavo che tu venire.”
“Perché non hai telefonato?” gli chiese la ragazza, con tono di rimprovero. “Io non mi sono mossa dal tinello per giorni, sperando che quel maledetto telefono squillasse…” aggiunse, con le lacrime agli occhi.
“Io, dispiace…” le rispose il giovane. “Però, io non volere, come si dice, fare forza? Volevo che tu prendessi tua decisione, da sola…”
“Non hai voluto forzarmi? E’ questo che vuoi dire?”
“Sì, io non volere forzare te…”
“E m’hai fatto quasi morire dall’ansia… Non riuscivo a capire perché non chiamavi… Ho temuto che non volessi vedermi più…” gli confessò la ragazza, avvicinandosi a lui.
Tutto avvenne così, d’improvviso, senza che i due giovani, forse, si rendessero conto di quello che stava accadendo.
Hans sollevò Serena tra le braccia… L’adagiò delicatamente sul divano e cominciò a baciarla dolcemente.
“Volevo dirti…” la voce di Serena stentava a venirle fuori. “Io non ho mai fatto l’amore, per me è la prima volta…”
“Tu tranquilla… Io già sapere…” le rispose Hans, carezzandole i capelli.
La prima volta… Per Serena quella era la prima volta… Aveva sognato quel momento si può dire ogni giorno, da quando era diventata donna… L’aveva atteso e temuto nello stesso tempo. Quando sarebbe successo? E con chi? Che cosa avrebbe provato? Delle sensazioni bellissime, il cui ricordo non l’avrebbe mai abbandonata per tutta la vita? Oppure sarebbe stata, per lei, un’esperienza negativa, da depennare con tutti i mezzi dalla memoria?
Quanto durò il loro rapporto? Serena non era in grado di saperlo: tra le braccia di Hans aveva perduto magicamente la cognizione del tempo, interrotto ogni rapporto con il mondo circostante!
Se ne stette con gli occhi chiusi e cercò di non pensare a nulla. Quando li riaprì, vide Hans, ancora completamente abbandonato sul suo corpo, ma lei non avvertiva il suo peso.
Il giovane le sorrise.

“Io stato molto bene, con te…” le disse, mentre cominciava a rivestirsi.
Serena non gli rispose. Avrebbe voluto gridare che anche per lei era stato bello, che l’aveva immaginata proprio così, la sua prima volta! Ma si sentiva confusa, ancora non aveva messo a fuoco l’accaduto, stentava a riprendere contatto con la realtà…
In silenzio, quasi meccanicamente, cominciò anche lei a ricomporsi.
“No, tu non mettere vestiti…” la fermò Hans. “Questo momento magico, forse il più adatto perché io dipingo te…”
Fece sistemare Serena su di un lettino posto in un angolo dello studio, le accavallò le gambe, in una posa plastica, e si recò immediatamente a prendere la sua tavolozza. Sistemò la tela sul cavalletto ed iniziò a dipingere.
“Ricorda il nostro patto, Hans!” gli raccomandò la ragazza. “Il volto, non devi dipingerlo…”
“Tu non preoccupi…” le rispose il giovane. “Nein viso, io ricordare benissimo… Ma tu ora ferma, non muovere, capito?”
Hans lavorava alacremente. Mentre dipingeva, aveva cambiato completamente la sua espressione. Lo sguardo del giovane era fisso sul corpo di Serena, come se volesse penetrarlo nel suo intimo…
Dopo circa due ore, poggiò la tavolozza su di uno sgabello e si avvicinò alla ragazza.
“Ecco…” le disse, mentre i suoi occhi brillavano ancora di una luce vivissima, quasi irreale. “Ora tu puoi vedere…”

Serena fece fatica a muovere le gambe, che sentiva intorpidite, come se il sangue non scorresse più al loro interno.
Aveva seguito alla lettera le indicazioni di Hans: non s’era mossa di una virgola dalla posizione che il giovane le aveva imposta!
Si avvicinò al cavalletto e…
“Ma questa non sono io!” gridò quasi, meravigliata. “E’ bellissimo, Hans, ma non sono io!”
Hans le sorrise.
“No, questa essere tu… Non so se proprio somigliare… E comunque m’interessa poco… E’ così che io ti vedo… Peccato non potere dipingere tuo viso…”
“Hans…”
“No, no, io sapere… Non devi ripetere… Noi fatto un patto, ed io devo respettare nostro accordo…” l’interruppe prontamente il giovane.
“Adesso devo andare…” gli disse Serena, mentre iniziava a rivestirsi.
“Già… Tu dovere andare, prima che sole tramonti… Altrimenti mamma Rosa te accide…” mormorò il giovane, dispiaciuto.
“Beh, se proprio non mi uccide, t’assicuro che ci va molto vicino…”rise Serena. “Quando s’arrabbia, per fortuna non capita spesso, mi prende ancora a botte con la cucchiarella, come faceva quand’ero piccola ”
“E cos’essere cucchianella?” le chiese Hans, incuriosito.
“Cucchiarella… si chiama cucchiarella…” ripeté Serena, divertita. “E’ un lungo mestolo di legno che si usa per rimestare il sugo di pomodoro mentre cuoce sulla fiamma…”

“Sì, io ora capito… Una volta visto mamma Rosa in cucina girare sugo con cucchi… Io scuso, ma proprio non riesco a dire…” si mortificò il giovane.
“Hai ragione, non è per niente facile…” lo confortò Serena. “Ma ti posso assicurare che, per quanto piccola e sottile, la cucchiarella fa male…”
“No, no, io non voglio che mamma Rosa te fare male… Vai, torna subito a casa…” si preoccupò Hans. “Quando vieni altra volta da me?” le chiese, mentre l’accompagnava alla porta.
“Giovedì? Sì, penso che giovedì torno… Ho tre giorni per trovare un’altra scusa con mamma Rosa.”
“Good giovedì…” le rispose Hans “ così io avere tempo per ‘inventare’ viso da mettere su tuo corpo…
di Ernesto Pucciarelli

Fine nono capitolo

Sommario:
Capitolo I – Meta di Sorrento
Capitolo II – Lo scialle lucente
Capitolo III – Serena
Capitolo IV – Hans Stainer
Capitolo V – Zia Pina
Capitolo VI – Karl Stainer
Capitolo VII – Primo appuntamento
Capitolo VIII – Per fortuna, non è successo…
Capitolo IX – Il concorso
Capitolo X – Al cuore non si comanda…