A parlarne il direttore del parco archeologico Massimo Osanna, da settembre alla guida anche della direzione generale dei musei del Mibact, che insieme all’archeologo Carlo Rescigno, accademico dei Lincei e professore di archeologia classica all’Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha presentato le nuove scoperte all’Accademia dei Lincei, in una tavola rotonda con Fausto Zevi, professore emerito di storia dell’arte greca e romana alla Sapienza di Roma e accademico dei Lincei, Carmine Ampolo, emerito di storia greca alla Normale di Pisa, Pier Giovanni Guzzo, per molti anni alla guida degli Scavi di Pompei, con l’introduzione dell’accademico Roberto Antonelli.
L’ipotesi, racconta Osanna, è quella di una città che viene fondata e costruita nell’arco di pochi decenni da un gruppo di persone, in parte forse anche schiavi liberati, una comunità “di lingua e cultura etrusca” che però per costruire mura, case e templi, si avvale di “maestranze locali”, campane quindi e influenzate dal melting pot di culture che allora animava il territorio campano, dagli italici ai greci. Una città ricca e potente, fino ad un tragico stop. Che arrivò nel 474 a.C , per le conseguenze politiche della battaglia navale di Cuma, che i greci vinsero contro gli etruschi. Pompei, che in quello “scacchiere internazionale” era schierata dalla parte della madrepatria, di fatto dopo quella battaglia sparì, forse anche abbandonata dai suoi abitanti, per quasi un secolo.