Scarse le vie di fuga dalla zona rossa, abusivismo in espansione e la politica resta a guardare
(a) Torre del Greco – Il popolo vesuviano è ossessionato al solo pensiero di un’eruzione vulcanica ma le amministrazioni della “zona rossa” sembrano ignorarlo, spingendo i cittadini, torresi e non solo, a temere un’infelice sorte paragonabile a quella di “topi in trappola”. In primis, non è stata concretamente avviata una riorganizzazione territoriale per fronteggiare la speculazione edilizia. L’Ordine dei Geologi della Campania poco tempo fa ha promosso un convegno nel corso del quale si è posto l’accento su come, malgrado gli elevatissimi rischi, si è andati avanti continuando a costruire, mattone su mattone, proprio alle falde del gigante che dorme.
Inoltre, gli esperti sono concordi: è inverosimile ipotizzare un preallarme di quindici giorni e quindi risulterebbe quasi impossibile pianificare un esodo, da compiersi in una settimana, per una popolazione di oltre 600.000 persone, tra cui anziani, malati e disabili.
Eppure, fino all’ultimo ed obsoleto piano di evacuazione proposto, lo scenario presentato è esattamente quello poco fa ipotizzato. Le amministrazioni comunali, passivi ed in attesa con le braccia conserte, sembrano non voler prendere atto di una vera e propria mancanza di vie di fuga.
A novembre 2009 a Torre del Greco si è tenuto un seminario informativo “Vesuvio, Rischi ed Emergenza”, organizzato da CSV, centro di servizio per il volontariato. L’evento, registrato anche dal nostro giornale, sarebbe stata un’ottima occasione di confronto tra scienza, volontariato, enti coinvolti nella gestione delle emergenze ed amministrazioni dei comuni della zona rossa. Queste ultime, però, erano scarsamente rappresentate e quei pochi delegati presenti non hanno partecipato alla parte più pregnante del dibattito: non è possibile diminuire la pericolosità di una minaccia come quella del Vesuvio, tuttavia adeguate misure di prevenzione, progresso scientifico, un’intensa diffusione della cultura di protezione civile e, soprattutto, una corretta gestione del territorio e della viabilità, possono limitare l’aumento del valore esposto. Voci autorevoli del settore scientifico sostengono la necessità di approntare un nuovo e più adeguato Piano Nazionale di emergenza, che tenga conto della realistica probabilità di una futura eruzione “sub-pliniana”, dall’impatto devastante, su di un territorio superaffollato, congestionato dal cemento e dalle vie di fuga inesistenti e dove gli edifici in odore di abusivismo sono oltre 10 mila, cioè cinque volte in più di quelli condonati nell’ultimo decennio. Occorre che i politici intervengano subito: non vorremmo un domani leggere titoli come “Cronaca di un disastro annunciato”.
Marika Galloro
Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 3 febbraio 2010