GLI AVVOCATI DEL DIAVOLO
Le cronache di questi giorni hanno riportato a galla un tema sul quale da tempo non si sviluppava una seria riflessione: la corruzione. Il rapporto tra politica e malaffare, in particolar modo, sembra ancora molto stretto e le dichiarazioni d’intenti, da parte di coloro che appartengono ai vari schieramenti politici, in prospettiva di una
risoluzione del problema trovano l’ evidente difficoltà di tradursi in iniziative concrete. La Corte dei Conti, nel frattempo, ha denunciato gli altissimi costi, per il nostro Paese, derivanti dal dilagare della corruzione, una
piaga che, evidentemente, non può essere combattuta con le sole inchieste giudiziarie. Non ci convince, peraltro, la proposta, avanzata dal Governo, di inasprire le pene per chi commette il reato di corruzione o di concussione: la storia ha ampiamente dimostrato che, dinanzi al dilagare di condotte criminali, l’inasprimento delle pene non ha un’ apprezzabile efficacia deterrente, a maggior ragione in un contesto, quale quello italiano,
in cui la giustizia è preda di un meccanismo farraginoso e, quindi, tarda ad arrivare; la percezione che ne consegue, da parte di coloro che sono disposti a delinquere, è, dunque, quella di una sostanziale impunità, il
che, ovviamente, non può che incentivare comportamenti criminali. Nessuno, è chiaro, può dirsi depositario di soluzioni idonee a risolvere il problema in maniera definitiva; tuttavia, appare evidente la necessità di agire su piani diversi: da un lato, occorre un’operazione di tipo culturale, idonea a diffondere il rispetto delle regole; Dall’altro, è necessario garantire, con norme appropriate, la massima trasparenza nel funzionamento della pubblica amministrazione. Per quanto riguarda lo strumento repressivo, invece, è indispensabile, attraverso opportune modifiche normative, che la giustizia penale sia effettiva e, soprattutto, celere: solo una sanzione che venga percepita come conseguenza inesorabile della commissione di un reato è, infatti, idonea a scongiurare Il ripetersi di comportamenti criminali.
Alessandro e Giovanni
Gentile