E’ stato per tutti un punto di riferimento
(a) Torre del Greco – Dal primo pomeriggio del ventitré marzo, quando il suono delle campane ha squarciato il silenzio di un tranquillo pomeriggio soleggiato per annunciare la sua morte, tutti hanno onorato Don Carmine Ascione: anziani e giovani; rappresentanti della Chiesa, delle Istituzioni civili e militari; gente comune, parenti, amici e fedeli. Nessuno, proprio nessuno, è mancato per dare l’ultimo saluto a colui che non ritenevano solo un pastore della Chiesa, ma un padre. Sì, perché Don Carmine è stato per tutti un punto di riferimento al di la dell’ abito che indossava. E’ un pezzo di storia della piccola chiesa di S. Antonio a Brancaccio: è stato, infatti, il parroco della “piccola chiesa dalle guglie rare” per ben cinquantasette anni. E’ stato il parroco del “fare” perché voleva che la casa del Signore fosse sì bella, ma anche funzionale. Voleva che fosse un punto di ritrovo per tutti. Ecco spiegata la costruzione del battistero, della sacrestia e della canonica, ma anche delle aule polifunzionali, dell’ auditorium e del campetto sportivo alle spalle della Chiesa, luoghi ricreativi e d’incontro. In ultimo, si è occupato della Cappella Don Paolo in via Cuma, realizzando il progetto- a lui tanto caro- di restaurare quel piccolo gioiello di architettura barocca. Era una persona perbene Don Carmine, dallo stile umile e semplice. Era una persona acculturata: bastava scambiare qualche parola con lui per capire quanto fosse eccelsa la sua preparazione in tutte le materie. Appassionato di storia in generale, amava la musica classica e l’arte. Studiava il mondo classico, il greco, il latino ed era profondo conoscitore dei Testi Sacri. In prossimità delle feste Pasquali, poi, organizzava degli incontri aperti a tutti con importanti teologi. Don Carmine amava i giovani e i bambini e teneva tantissimo all’ azione cattolica, vedendo in essa un mezzo per avvicinare i ragazzi alla Chiesa. Si sentiva un torrese: come ha ricordato il cardinale Sepe durante le esequie, portava sempre sulla giacca un crocifisso di corallo per dimostrare a tutti che era di Torre del Greco. Era di animo nobile e dal tratto signorile e poco capiva questo mondo fatto di odio, violenza e cattiveria, ma aveva sempre fiducia nel prossimo. Don Carmine poteva dare la parvenza di uomo scorbutico, ma in realtà era buono ed affettuoso: le sue confessioni non erano quelle di un fedele con un sacerdote, ma la conversazione di un figlio con un padre. Ha servito il Signore in modo integerrimo: in una Chiesa coinvolta spesso da scandali, la sua rettitudine non ha mai suscitato sospetti. Ci manca Don Carmine, ci mancherà, ma il suo ricordo resterà sempre vivo nel cuore di tutti. Non solo per quella foto che oggi ritrovi entrando nella sacrestia della chiesa, ma in tutto quello, tangibile e non, che ha fatto per la comunità di S. Antonio a Brancaccio.
Andrea Liguoro
Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 14 aprile 2010