GLI AVVOCATI DEL DIAVOLO
È un pensiero estremamente diffuso nell’opinione pubblica che commettere reato sia una scelta (laddove effettivamente consapevole) per la quale il reo, nella maggior parte dei casi, non pagherà alcun prezzo, anche grazie al trascorrere del tempo, che, come noto, può portare alla prescrizione dell’illecito. Tale sfiducia nei confronti della giustizia penale, se pure, in parte, trova riscontro nella realtà di tutti i giorni, viene, tuttavia, alquanto alimentata dai mezzi di comunicazione, per mezzo dei quali si diffonde l’idea della sostanziale impunità dei delinquenti. In modo particolare, ciò che i cittadini, a causa di un’informazione incompleta, sono portati a credere è che la custodia cautelare sia, in pratica, la punizione che deve scontare chi è accusato di aver commesso reato; di conseguenza, allorquando la misura cautelare viene revocata, si grida subito allo scandalo perché, per l’ennesima volta, un criminale sarebbe stato rimesso in libertà! Le vicende di questi giorni, con la grande inchiesta riguardante le mazzette che avrebbero intascato dipendenti del Comune di Torre del Greco e l’applicazione, nei confronti di vari indagati, di misure cautelari, ci offrono lo spunto per ricordare la fondamentale differenza tra custodia cautelare e pena detentiva: nel primo caso, infatti, la misura viene disposta per soddisfare delle esigenze, appunto, cautelari (pericolo di fuga; pericolo di commissione di nuovi reati; pericolo d’inquinamento di prove), cessate le quali, ovviamente, detta misura non può essere mantenuta, anche se, per esempio, permangono i gravi indizi di colpevolezza, che costituiscono l’ulteriore presupposto del provvedimento restrittivo della libertà personale; la pena detentiva, invece, come tutte le sanzioni penali, presuppone l’accertamento in via definitiva della responsabilità penale e viene applicata, dunque, nei confronti di chi, senza tema di smentita, può dirsi colpevole di aver commesso reato. Se così è, allora, non ci scandalizziamo tutte le volte che semplici indagati vengono rimessi in libertà.
Alessandro e Giovanni
Gentile
Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 10 novembre 2010