Riaperto il polo museale di Villa delle Ginestre, l’ultima dimora del poeta di Recanati
Tra i 600 e gli 800 m slm la vegetazione si inspessisce e si croma di striature più accese. I ginestreti squamano i fianchi del vulcano in forte contrasto con la terra, ora cinerea ora ferrosa, del Vesuvio. Questo lo scenario godibile dai poggioli di Villa Ferrigni, la residenza vesuviana che sorge ai piedi del colle dei Camaldoli di Torre del Greco e che ospitò Giacomo Leopardi negli ultimi mesi di vita. Qui il poeta recanatese si trasferì nell’aprile del 1836 insieme all’amico Antonio Ranieri, cognato del proprietario, in fuga dal colera che funestava Napoli. Qui scrisse “La ginestra”, componimento di cui gli archivi della residenza conservano le uniche tre copie manoscritte esistenti e da cui la villa prese il nome, e la melodia dell’addio “Il tramonto della luna”, che la leggenda indica essere l’ultima lirica leopardiana, finita di dettare al Ranieri sul letto di morte.
“Sono passato a godere la miglior aria di Napoli abitando in un’altura a vista di tutto il golfo di Portici e del Vesuvio, del quale contemplo ogni giorno il fumo e ogni notte la lava ardente […]” scriveva il Leopardi al padre dalla stessa scrivania e dalla stessa stanza che è possibile oggi visitare, dopo un anno di lavori, a seguito della riapertura del 29 giugno scorso, non a caso giorno dell’anniversario della nascita del poeta (1798). Un restyling reso possibile grazie all’impegno della Fondazione Ente Ville Vesuviane, a cui oggi spetta l’affido della struttura, e all’indispensabile sostegno di Arcus, la Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo che fa capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze: per finanziare il progetto sono stati stanziati oltre un milione di euro.
Arredi, oggetti personali, suppellettili di vario genere, tutto è stato ricomposto alla perfezione, riportando le lancette a quel 1837, in un percorso che guida il visitatore dal portico d’ingresso d’impronta neoclassica (l’unico elemento aggiunto successivamente, nel 1907) alla cima della palazzina. “La villa deve essere conosciuta, visitata, e anche, perché no, oserei dire vissuta –afferma lo storico Giuseppe Galasso, al vertice dell’Ente Ville- Con studi, spettacoli, passeggiate. La sfida è quella di aprire un’ulteriore via di accesso dalla “porta di Leopardi” al Parco Nazionale del Vesuvio, facendo dialogare poesia e paesaggio”.
“Avevamo 12mila visitatori l’anno durante il primo ridotto periodo di fruizione di Villa delle Ginestre – conclude Paolo Romanello, l’architetto che ha seguito le diverse fasi del restyling -. Adesso puntiamo a triplicare questi numeri”.
Simone Ascione
Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola l’11 luglio 2012