Deiulemar Società di fatto, dissequestrati i beni dei Della Gatta, Iuliano e Lembo. Dopo la buona notizia arrivata dalla Cassazione – Camerale riunita a sezione unite che ha bocciato la ricusazione del collegio del processo penale chiesto dai legali dei soci Deiulemar, ora la brutta notizia arriva direttamente dal tribunale delle imprese di Napoli. Infatti, il giudice D’Ambrosio ha deciso di sciogliere la riserva e di pronunciarsi contro il sequestro dei beni che stesso lui, precedentemente, aveva autorizzato, per difetto di giurisdizione. Non è passato molto tempo quando lo stesso giudice aveva deciso di emettere un provvedimento che – come confermato nella nota ufficiale divulgata dal comitato dei creditori – “autorizzava il sequestro conservativo dei beni mobili, immobili, crediti, quote, partecipazioni, fino alla concorrenza della somma di 500 milioni di euro”.
Ora è tutto azzerato. Il tono e il morale dell’avvocato degli obbligazionisti Antonello Amato e del rappresentante del gruppo ‘Legalità e Trasparenza’ Giovanni Pagano sono bassi, ma non per questo si
sentono sconfitti, anzi: “Ci stiamo muovendo per fare ricorso contro questa decisione”, dicono i due. Tutto era nato dalla richiesta di restituzione di fondi esteri avanzata da alcuni indagati. Ovvero, la restituzione dei fondi esteri contenuti in un conto corrente gestito da una banca francese. Di qui la richiesta a un’agenzia con base a Milano e la segnalazione dell’istituto di credito ai magistrati che ha spinto i giudici ad emettere il maxi provvedimento di sequestro conservativo per evitare che gli indagati potessero usufruire dei fondi esteri. Ma prima ancora, e siamo a marzo, il tribunale di Torre Annunziata decise di revocare i sequestri effettuati, dichiarandosi incompetente e dirottando la decisione al Tribunale delle Imprese. Poi il ricorso della curatela fallimentare della società di fatto e la decisione del giudice D’Ambrosio, ad aprile, di sequestrare le imprese riconducibili alle famiglie degli armatori. Il tribunale delle imprese, però, si era, comunque, “riservato di decidere sulle richieste avanzate da tutte la parti costituite”. Ed ora è arrivata la brutta notizia per le 13 mila famiglie che hanno investito nella società armatoriale torrese la bellezza di poco più di 700 milioni di euro.