“Nell’anniversario della nascita di Samuel Beckett, nato a Dublino il 13 aprile 1906 mi piace ricordare una sua emblematica battuta ‘Nasciamo tutti matti… qualcuno lo rimane’. Ancora una volta le parole del Premio Nobel per la Letteratura nel 1969 si rivelano maledettamente profetiche.
Attualmente, i signori della guerra sparsi per il mondo, sono pazzi”, così Antonio Borriello, fedele interprete, nonché attento studioso del grande drammaturgo.
“Questi criminali – prosegue Borriello – assetati di potere, inebriati dal dio danaro, non hanno sosta, continuano imperterriti nel solco di Caino e Abele a procurare morte e distruzione senza fine. Una condizione orrenda che viene da lontano, come già prevista da Plauto ‘homo homini lupus’ e Tacito ‘donec homines, vitia erunt’, una crudele visione successivamente ribadita da Hobbes ‘ogni uomo è una minaccia per gli altri uomini’.” In proposito, Borriello evidenzia che “davanti a tali scenari, lo sconforto ci assale, rammentando che Beckett, al cospetto dei folli del suo tempo non ebbe dubbi a ‘combattere’, come dicevano Camus e Sartre, per la pace e la giustizia. Un impegno forte quello dell’autore di ‘Aspettando Godot’ da rischiare la propria vita. Eppure – sottolinea Borriello – di questo Beckett engagé, che ha vissuto in prima persona tutte le atrocità del secolo breve, si sa ben poco. Nel 1939 allo scoppio della seconda guerra mondiale, il grande dubliner di Parigi si aggrega alla Resistenza francese, insieme all’amata Suzanne Deschevaux-Dumesnil e al suo amico Alfred Péron. Nel 1945 è attivo con la Croce Rossa irlandese in una Francia devastata dalla guerra. Con determinazione interviene contro il regime franchista in difesa dello straordinario e bizzarro amico drammaturgo Fernando Arrabal, accusato di ‘insulto alla patria’ e di ‘blasfemia’. Ed ancora, con altrettanta incisività, si espone per un altro eccezionale drammaturgo, il dissidente Vaclav Havel durante l’occupazione sovietica che, pochi giorni dopo la morte di Beckett, sarà nominato Presidente della Cecoslovacchia. Oggi, – lamenta Borriello – sono pochi gli intellettuali che si prodigano per una società più giusta, per un mondo migliore. Nonostante tutto, dopo la tempesta può tornare il sereno di leopardiana memoria, l’uomo deve illuminarsi, preferire la luce alle tenebre. Al riguardo, come già ieri, la cultura può contribuire ad un cambiamento. Ne sono certo: l’Arte è Bellezza e Bene, Pace e Giustizia. Bisogna insistere, non perdere mai la speranza per contribuire alla costruzione di un mondo migliore, rievocando l’impegno, le parole e il pensiero di Eschilo, Euripide, Aristofane, Dante, Shakespeare, Foscolo, Manzoni, Leopardi, Pasternak, Solženicyn, Gogol, Brecht, Eduardo, Camus, Sartre, Ungaretti, Pasolini, Chaplin, Ėjzenštejn (a cui Beckett chiederà invano di collaborare), Renoir, Kubrick, Monicelli, Rossellini, De Sica, Rosi, Ichikawa, Takahata, Ki-duk, Klimov, Cimino, Maoz, Suleiman, Goya, Rubens, Delacroix, Picasso, Dalì, Beuys, Malina e Bek, Bártok, Casals, Penderecki, Dylan, Lennon, De Andrè ed altri, impossibile citarli tutti. Eppure – conclude Borriello – nonostante lo smarrimento di senso, benché la più profonda angoscia che lievita giorno dopo giorno in ognuno di noi, nonostante il più tetro nichilismo che si diffonde sempre più, dobbiamo agognare un mondo migliore. Con questi propositi, grazie a uomini e donne di buona volontà e grati ad artisti che con il loro lavoro, sarà possibile ottenere la vittoria contro la terribile barbarie dei nostri tempi, ci sarà la vera pace per tutti i popoli della terra. Solo così conosceremo finalmente Godot. Allora, passata ’a nuttata, Vladimiro, Estragone e noi tutti saremo felici”.