Torre del Greco – Nel pomeriggio di ieri, 2 luglio, presso la Sala Consiliare del Palazzo Baronale di Torre del Greco, al cospetto del Sindaco Mennella, Giulio Golia e Francesca Di Stefano hanno presentato il volume “Mostri di Ponticelli, vittime di un errore giudiziario?”, edito da Piemme.

L’evento, patrocinato dal Comune e moderato da Gaetano Frulio, Presidente del Consiglio Comunale, si è avvalso del contributo della criminologa Luisa D’Aniello, che, con altri professionisti (tra cui l’investigatore Giacomo Morandi), è stata parte attiva nella ricostruzione di quello che è stato definito  “uno dei più gravi errori giudiziari della cronaca italiana”.



Ma veniamo ai punti salienti della vicenda: la storia ha inizio il 3 luglio del 1983, quando nel rione Incis dell’omonimo quartiere napoletano di Ponticelli vengono ritrovati i corpi senza vita di due bambine, Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, 7 e 10 anni. Le piccole scomparse dalla sera prima, vengono poi rinvenute in un canalone nascosto in un sottopasso del quartiere, i corpicini posizionati uno sopra l’altro, semi carbonizzati e ricoperti da numerose ferite da arma da taglio. L’assassino le ha torturate a lungo, per poi  cospargerle di benzina e darle alle fiamme. Ad aumentare l’orrore il referto autoptico acclara che una delle due, Nunzia, ha anche subìto violenza sessuale. Ovviamente la brutta storia sconvolse l’opinione pubblica, suscitandone lo sdegno.

Dopo l’intervento dell’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, affinché  si individuassero gli assassini in tempi rapidi, gli inquirenti arrivano all’arresto dei tre presunti colpevoli : Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo.  Ad incastrare questi giovanissimi ed incensurati ragazzi, le dichiarazioni di Carmine Mastrillo, fratello maggiore di Antonella (all’epoca amichetta delle vittime).  Mastrillo confessò di aver rivelato ad un “pentito” di camorra di Ponticelli, Mario Incarnato, i nomi dei presunti assassini.

Nel 2010, per buona condotta e dopo 27 anni di carcere, i tre presunti assassini vengono rimessi in libertà.

Il libro-inchiesta di Giulio Golia e Francesca Di Stefano ripercorre e passa al setaccio tutto l’intricatissimo e oscuro percorso di questa triste vicenda, che, molto verosimilmente ha lasciato impunito un efferato crimine. La tesi portata avanti dagli autori, infatti, è che Imperante, La Rocca e Schiavo siano stati vittima di un clamoroso errore giudiziario: se così è, questi tre cittadini italiani sono legittimati ad avere una piena riabilitazione, oltre che alla revisione del processo.

Senza entrare nel dettaglio di un’inchiesta davvero minuziosa e ampiamente documentata (del resto è tutto riportato nel libro,  nonché nel lungo speciale televisivo dedicato delle Iene Inside), basta riflettere su alcuni elementi, molti in passato già evidenziati da personalità del calibro del giudice Ferdinando Imposimato, convinto dell’innocenza dei tre presunti assassini.

Ad esempio: all’epoca dei fatti il codice di procedura penale era il codice Rocco, il fenomeno del pentitismo dava a certi personaggi la possibilità di lanciare accuse e rilasciare dichiarazioni alquanto discutibili. Del resto erano gli anni della drammatica vicenda del caso Tortora, anche lui vittima delle accuse dei “pentiti”, anche lui assolutamente estraneo ai fatti di cui fu accusato e per i quali scontò 7 mesi di carcere ingiustamente.

Inoltre le modalità in cui venivano estorte determinate “confessioni” oggi sarebbero ritenute assolutamente inaccettabili. Senza contare che i 3 ragazzi accusati avevano tutti degli alibi per la sera degli omicidi, ma, misteriosamente tutti i numerosi testimoni non sono stati presi in considerazione o quasi.

Non solo, ma sono state trascurate testimonianze di colossale importanza ed evidenza, come lo stesso Imposimato notò : un personaggio che, molto verosimilmente, potrebbe essere stato il vero assassino, è stato notato nel luogo e nell’ora in cui le piccole sono scomparse; anzi una bimba ha proprio descritto la scena in cui ha visto Nunzia e Barbara salire con quest’uomo su una Fiat 500 blu.  L’individuo, che risponde al nome di Corrado Errico, fermato dalle Forze dell’Ordine, aveva addirittura ammesso di avere pulsioni sessuali che lo portavano ad adescare ragazzini; per di più il giorno successivo alla scomparsa delle bimbe Errico ha dichiarato di avere portato a rottamare la 500 blu. Errico, poi rimesso in libertà, in seguito è deceduto, portandosi la verità nella tomba.

Altro dettaglio non di poco conto: negli anni 80 la camorra di Cutolo pare avesse condotto una propria indagine “parallela”, arrivando alla conclusione che i tre ragazzi incarcerati non avevano nulla a che a fare con l’omicidio delle bimbe.

In conclusione, Golia e Di Stefano hanno avuto il merito di riaccendere l’attenzione su un caso per nulla risolto. Significative le parole recentissime della deputata del Movimento 5 Stelle e membro della Commissione Antimafia, Stefania Ascari : “ Luigi Schiavo, Giuseppe La Rocca e Ciro Imperante per anni sono stati etichettati come ‘i mostri di Ponticelli’, accusati e poi condannati per aver ucciso e seviziato due bambine nella periferia di Napoli nel 1983. Perciò sto chiedendo incessantemente alla presidente in carica della commissione Antimafia di riavviare il comitato sul caso del ‘Massacro di Ponticelli’…Noi abbiamo il dovere di accertare la verità là dove vi sia anche un solo dubbio che degli innocenti abbiano pagato per colpe non proprie e la giustizia deve avere il coraggio di mettere in dubbio sé stessa qualora vi siano motivi fondati. Schiavo, La Rocca e Imperante potrebbero aver scontato 27 anni di carcere senza aver commesso alcun crimine, vittime a loro volta di malagiustizia. Condannati, ma innocenti. Chiediamo verità e, finalmente, giustizia”.

Marika Galloro