La notizia che mi accingo a commentare è stata riportata, pochi giorni fa, dalla carta stampata e dalle televisioni, ma soltanto per il tempo di un amen. Era un notizia di scarsa rilevanza, starete pensando. E invece no, tutt’altro. Forse, s’è preferito farla ‘scomparire’ quanto prima possibile perché “inconsciamente” dolorosa… E’ il caso di scomodare Freud e i meccanismi della ‘rimozione’ che ha così brillantemente illustrato? Non lo so, però, probabilmente, la notizia ha risvegliato in molti ricordi sgraditi, riportando alla loro mente i classici “scheletri nell’armadio”… Per i nostri ‘vecchietti’, abbiamo fatto veramente “tutto”?
Ed ecco il fatto di cronaca. A Cremona, una vedova di 81 anni ha telefonato al 112 per denunciare un tentativo di furto ai suoi danni. All’arrivo della pattuglia dei carabinieri, la donna è scoppiata in lacrime ed ha confessato d’essersi inventata la storia del tentato furto. Perché? Voleva semplicemente vedere qualcuno, da troppo tempo era sola e disperata. Anche i figli non li sentiva da una vita… La falsa denuncia di un reato è essa stessa un reato… I carabinieri, però, hanno chiuso un occhio, anzi due… Inoltre, hanno promesso all’anziana donna che andranno a farle visita ogni volta che, per motivi di servizio, capiteranno dalle sue parti.
La donna protagonista di questo patetico episodio, ha dei figli. Già, i figli… Un vecchio adagio, che ricordo d’aver appreso da bambino, recita più o meno così: “Una mamma è buona per cento figli, ma cento figli non sono buoni per una mamma”. Certamente, se si interpellassero i figli di questa signora, accamperebbero mille scusanti, per giustificare il loro – come vogliamo definirlo – “scarso attaccamento”? alla madre. C’è il lavoro, c’è la famiglia, ci sono gli onerosi impegni quotidiani, bisogna seguire i ritmi frenetici di una vita che impone comportamenti e regole che non lasciano ‘spazi’ per pensare ad altro…
E in questo “altro”, comprendiamo anche gli anziani. Una fugace visita tre o quattro volte l’anno (in occasione dell’onomastico, per il genetliaco, a Pasqua e a Natale) la ‘telefonatina sgrava coscienza’ un paio di volte a settimana… Che cosa si può pretendere di più? Quando, poi, inevitabilmente, le condizioni di salute dell’anziano peggiorano, allora si ricorre alle cosiddette “pensioni”, attrezzate di tutto punto, con ogni genere di comfort. E se il nonnino (o la nonnina) si rifiuta di diventare ospite di una delle suddette strutture, no problem! Gli si mette accanto una badante (polacca, ucraina, rumena, eccetera) e tutto è a posto! Poco importa se la badante sembra essere una discendente di Hitler, per quanto è autoritaria e dispotica, e a malapena biascica due o tre parole in italiano… Ma che si pretende: oltre alla presenza fisica, all’assistenza, una badante deve essere anche gentile e pure una buona conversatrice?
Una società che si cura poco dei propri anziani, che non rispetta le loro esigenze più profonde, è una società malata, che rischia seriamente di perdere di vista i “valori”, di allontanarsi da ogni principio morale. E poi si parla di progresso… Gli antichi romani, che hanno insegnato al mondo intero il “dritto” e “l’humanitas” avevano in grande considerazione gli anziani. Il Senato (da senex = vecchio), il più importante organo di governo dell’Urbe, era, appunto, costituito da anziani. Persino le primitive società tribali avevano massimo rispetto per quelli “più avanti negli anni”. Oltre ad apprezzare le loro doti di saggezza e di equilibrio e a venerarli in quanto custodi dei valori e delle tradizioni, ad essi erano affidati i compiti di maggiore responsabilità e di gestione della comunità.
Negli odierni contesti associati, il valore predominante è il denaro. Sull’altare di questo “Dio” si sacrifica tutto, persino la dignità. L’anziano, purtroppo, non produce più, è un ‘peso morto’… Al limite, conta soltanto come potenziale acquirente di farmaci e di supporti tecnologici (protesi, sedie a rotelle, anche “motorizzate, apparecchi acustici, eccetera) che l’aiutino a sopportare le inevitabili patologie legate all’età avanzata. Per tutto il resto, meglio stendere un velo pietoso. Nell’America di alcuni secoli fa, quando uno schiavo era sul punto di “lasciare questa valle di lacrime”, lo si conduceva in un luogo lontano, appartato, solitario, abbandonandolo al proprio destino. Che dire: si trattava, senz’ombra di dubbio, di un comportamento inumano, estremamente crudele… Lo schiavo, perduta la propria dimensione di lavoratore, per il ricco proprietario terriero, non contava più nulla… Mi domando: ma quando ci chiediamo, in preda all’angoscia, “e il vecchietto, dove lo metto?” e pensiamo d’aver trovato la soluzione al problema relegandolo in una pensione per anziani (o delegando per la sua assistenza che – lo ribadiamo con fermezza – non può limitarsi ai meri aspetti sanitari – un’ “asettica” badante), riteniamo veramente, in tutta onestà, d’essere proprio così diversi, rispetto agli “incivili schiavisti” delle piantagioni sudamericane?
Ernesto Pucciarelli