Il consumismo rappresenta, al giorno d’oggi, una delle piaghe peggiori del nostro paese. Anche in tempi di crisi, infatti, soprattutto i giovani rappresentano le prede facili di tale fenomeno che con l’ausilio delle tecniche pubblicitarie dà vita ad una miscela esplosiva. Cosmetici, prodotti di bellezza e vestiario per le donne e cellulari,computer,strumenti tecnologici vari e abiti firmati per gli uomini. Per non parlare delle spese affrontate in carburante, tabacco, scommesse, videogiochi e molto altro. Persino Papa Francesco ha ricordato che i giovani di oggi soffrono per “il veleno” di una società vuota che propone loro “l’illusione” del “consumismo” e ha detto: “I giovani sono particolarmente sensibili al vuoto di significato e di valori che spesso li circonda. E purtroppo ne pagano le conseguenze”. Una statistica condotta dalla “Gioventù operaia Cristiana” nel 2006 ha riportato dati da capogiro. Ben il 62,7% degli intervistati aveva acquistato nelle ultime due settimane una ricarica del cellulare, il 62,8% ha speso soldi in abbigliamento e il 58% in carburante . Dati che a distanza di 8 anni non possono che essere aumentati come stanno dimostrando studi più recenti. Insomma la fascia d’età dei teen ager in particolare costituisce la spia di un pericoloso fattore di instabilità: se da un lato il consumismo dovrebbe sostenere la produzione, dall’altro, in momenti di crisi, potrebbe deprimere ulteriormente i ceti meno abbienti comunque entrati nella spirale consumistica. Inoltre, da un punto di vista psicologico, il consumo amplifica la sindrome del compratore in colui che identifica la soddisfazione esistenziale nell’acquisto di beni materiali: lo shopping.
Alessia Rivieccio
Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 19 febbraio 2014