La cronaca giudiziaria occupa da sempre un posto importante nell’ambito del giornalismo, trattando di vicende che, per un motivo o per un altro, colpiscono l’opinione pubblica. Negli ultimi tempi, tuttavia, assistiamo ad una sorta di degenerazione di tale cronaca, assai spesso affidata a trasmissioni televisive di intrattenimento, nell’ambito delle quali figurano, in veste di esperti, sempre gli stessi personaggi, chiamati a pronunciarsi ora su di un caso, ora sull’altro. E’ facile, allora, che in questi contesti vicende anche tragiche vengano trattate in maniera non corretta, in quanto la volontà di incrementare gli ascolti di dette trasmissioni può indurre a sensazionalismi o, comunque, ad una spettacolarizzazione dei casi trattati. Di qui, dunque, ad esempio, l’indugiare su aspetti marginali, ai fini delle indagini, della vita degli indagati, solo perché, magari, detti particolari possono alimentare la curiosità morbosa dei telespettatori; di qui, ancora, la formulazione delle più strambe ipotesi di risoluzione dei casi analizzati o, addirittura, la critica all’operato degli avvocati. E’ inevitabile, quindi, che coloro che seguono vicende giudiziarie attraverso questo tipo di canali ricevano un’informazione del tutto distorta, non solo in relazione ai soggetti che in queste vicende sono coinvolti, ma anche in merito al funzionamento del sistema giustizia. La cronaca giudiziaria, ripetiamo, rappresenta un ambito assai delicato nel contesto dell’informazione e, per questo, non può essere affidata al mero intrattenimento televisivo; ciò, oltretutto, anche per scongiurare il rischio, che troppo spesso, purtroppo, si traduce in realtà , di instaurare, accanto ai processi nelle aule di giustizia, anche processi mediatici.
Alessandro e Giovanni Gentile
Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 16 dicembre 2015
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