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Nell’immagine qui proposta è riportato un quadro del pittore Edvard Much che ritrae una folla anonima, senza volto, che riempie le strade della città nel tardo pomeriggio di un giorno qualunque. Ignoriamo i motivi personali e i sentimenti che spinga- no le persone ritratte in questo dipinto a compiere questo "rito collettivo", ma lo stato d’animo che comunica il quadro non sembra quello della gioia, piuttosto quello della tristezza e della noia. Si tratta di noia profonda, una tonalità indefinita del sentimento della vita, è il modo di "abitare il tempo" e dell’ "esserci" dell’uomo nel mondo. Potremmo concludere che la noia sia il "male del secolo"? Leopardi definisce la noia "il desiderio della felicità lasciato puro". Vale a dire corrisponde ad uno stato di "assenza di piacere e dispiacere". Mai come in questo preciso contesto storico in cui viviamo, tale concetto risulta essere più moderno che mai. Nei giovani, soprattutto, il sentimento della noia è particolarmente provato. Perchè? Non sempre la noia deriva dalla monotonia o dalla mancanza di distrazioni. Spesso, infatti, essa è riconducibile alla pigrizia a quello stare ore ed ore dinanzi ad un computer a navigare in internet senza nemmeno sapere cosa si sta cercando e perchè, il che è molto comune nei ragazzi oggi sopraffatti dalla teconologia che facilita sempre di più la vita tanto che non è più necessario scendere di casa, perchè tutto è possibile attraverso il web. E forse la noia è proprio questa. La mancanza di stimoli, la voglia di stare per strada per confrontarsi con le persone che ci circondano. Anche acquistare un abito è diventato possibile attraverso un "clic". Ormai è palese che il progresso tecnologico e la noia sono direttamente proporzionali. Ma questa è la nostra vita. La vita che noi stessi abbiamo scelto di vivere.
Alessia Rivieccio
Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 27 febbraio 2013