Avvocati del diavolo
La classe forense, segnatamente quella napoletana, sta vivendo, negli ultimi tempi, rapporti non proprio sereni con i rappresentanti delle istituzioni. Tutti ricorderanno, ad esempio, l’espressione assai poco felice utilizzata dal ministro Cancellieri in riferimento agli avvocati che, a Castel Capuano, intendevano consegnarle una nota di protesta contro la soppressione delle sezioni distaccate dei Tribunali e l’istituzione del Tribunale di Napoli Nord. Qualche giorno fa, invece, Giorgio Napolitano, in visita a Napoli, si è rifiutato di incontrare una delegazione di avvocati che, assieme a sindaci di varie città, intendevano richiamare l’attenzione del Capo dello Stato sul tema della soppressione degli uffici giudiziari. I due episodi rivelano, senza dubbio, la scarsa attenzione che i rappresentanti delle istituzioni riservano alle istanze provenienti dall’avvocatura, che vengono interpretate, il più delle volte, come richieste tese esclusivamente alla difesa degli interessi della classe forense. Ora, a parte il rilievo che lo spirito corporativo non ci sembra (parere di avvocati, s’intende!) la caratteristica precipua di coloro che esercitano la professione forense, riteniamo doveroso sottolineare l’equivoco, in cui spesso e volentieri s’incorre, di considerare che gli appelli dell’avvocatura, apparentemente orientati alla tutela degli interessi degli istanti, non possano risolversi, anche indirettamente, nella difesa dei diritti di tutti i cittadini. Sia dato anche il caso che gli avvocati protestino per tutelare innanzitutto se stessi, perché, in ogni caso, non interloquire serenamente con l’avvocatura affinché, superato il primo impatto di diffidenza, si possa valutare se le istanze provenienti da chi esercita la professione forense possano avere riflessi positivi per tutti i cittadini?
Alessandro e Giovanni Gentile
Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 2 ottobre 2013