Approssimandosi le elezioni regionali, giova ricordare una norma, contenuta nel nostro codice penale, che è stata concepita dal legislatore per garantire i cittadini dal possibile inquinamento del voto. La norma in questione è rappresentata dall’art. 416 ter c.p., che, ricordiamo, recita: “Chiunque accetta la promessa di
procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416 bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma.”. E’, questo, il reato di scambio elettorale politico – mafioso, la cui previsione si è resa necessaria a causa della consuetudine, soprattutto in alcune aree del Paese, di accordi tra candidati alle elezioni ed esponenti della criminalità organizzata, finalizzati ad inquinare il voto, con il fine ultimo, per i candidati, di avere garantita l’elezione, e, per i mafiosi, di trarre vantaggio da chi, una volta eletto, dovrebbe assumere il ruolo di referente dell’organizzazione mafiosa. La norma in questione opera, peraltro, un rinvio all’art. 416 bis c.p., che punisce il reato di associazione di tipo mafioso, al fine di evidenziare che il reato di scambio elettorale politico – mafioso si configura nel momento in cui un candidato alle elezioni concluda un accordo con chi è in grado di sfruttare, a vantaggio del candidato, la forza di intimidazione di un’organizzazione criminale. Occorre ricordare, inoltre, che l’art. 416 ter è stato oggetto, di recente, di una modifica normativa: in precedenza, infatti, la “promessa di procurare voti” doveva avere, come contropartita, ai fini della configurabilità del reato, la “promessa di erogazione di denaro”; attualmente, invece, il reato si configura anche se in cambio dell’impegno a procurare voti venga promessa al mafioso “altra utilità”.
Alessandro e Giovanni Gentile
Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 27 maggio 2015