Gli avvocati del diavolo

(a) per gli abbonati o in edicola – Torre del Greco – Il rapporto tra politica e giustizia è, senz’altro, un nodo irrisolto del nostro Paese; pur nella separazione dei rispettivi poteri, politici e magistrati vengono spesso in contrasto, alimentando un dibattito che, unica cosa certa, non ha prodotto, ad oggi, riforme utili per l’amministrazione della giustizia. Da alcuni giorni a questa parte, poi, complici (guarda caso) alcune inchieste
che hanno interessato illustri rappresentanti della politica italiana, è stato riproposto il tema della immunità parlamentare, sancita, a suo tempo, dai padri costituenti della neonata Repubblica, ma successivamente abolita sull’onda di “tangentopoli”. La reintroduzione dell’immunità parlamentare comporterebbe la necessità di un’autorizzazione, per procedere nei confronti di deputati e senatori in merito a qualsivoglia reato, da parte dell’assise di appartenenza, Camera o Senato, al magistrato procedente. I sostenitori dell’immunità
evidenziano come la stessa sia l’unico strumento utile a proteggere i parlamentari da un uso ‘politico’ della giustizia, che, secondo alcuni (ma noi non siamo tra questi), sarebbe in atto da tempo in Italia da parte
delle c.d. “toghe rosse”; coloro che, invece, si oppongono alla reintroduzione dell’immunità evidenziano l’abuso che, nel passato, era stato fatto di questo istituto, con l’inevitabile perdita di credibilità dell’intera classe
politica, arroccata su posizioni di difesa di interessi tutt’altro che pubblici. Quale la soluzione migliore? E’ indubbiamente vero che l’immunità esiste in altri Paesi, dove è ben lungi dall’essere messa in discussione; tuttavia, è anche vero che le norme vigenti all’estero non si prestano, in omaggio ad una sufficiente dose di pragmatismo, ad essere riprodotte tal quali in ambito nazionale senza considerare la realtà specifica sulla
quale le stesse andrebbero ad incidere. Come spesso si suole dire: “Siamo in Italia!”; anche alla luce dell’esperienza passata, allora, siamo proprio sicuri che l’autorizzazione a procedere non si presterebbe ad essere utilizzata come semplice strumento di protezione dei furfanti?

Alessandro e Giovanni Gentile



Articolo già pubblicato sull’edizione cartacea de La Torre 1905 in edicola il 18 novembre 2009