AVVOCATI DEL DIAVOLO
Un fenomeno assai diffuso, nel nostro Paese come altrove, è quello della prostituzione. Un tempo esistevano In Italia le c.d. "case chiuse", all’interno delle quali veniva legittimamente praticato il sesso a pagamento; la famosa legge Merlin segnò la definitiva chiusura di queste strutture, dando inizio, però, alla prostituzione di Strada. Da allora, infatti, si assiste al discutibile spettacolo di donne che fanno mostra di sé sulla pubblica piazza, mostrandosi seminude per attrarre una clientela che, almeno in Italia, è assai copiosa. Periodicamente, allora, si torna a parlare della necessità di riaprire le case di tolleranza o, perlomeno, di regolamentare il Fenomeno, attualmente del tutto fuori controllo. L’ultima proposta in tal senso, come riferiscono le cronache di questi giorni, proviene dall’assessore alla Sicurezza del Comune di Bologna, Libero Mancuso, il quale ha evidenziato, appunto, la necessità di regolamentare la prostituzione, allorquando questa sia espressione di una libera scelta di chi la esercita; tralasciando, dunque, i casi di prostituzione coatta, da combattere senza mezzi termini, le prostitute potrebbero vedere disciplinata la propria attività, pagando anche le imposte per i guadagni ottenuti attraverso la mercificazione del loro corpo. Cosa dire su questa proposta? Non c’è dubbio che il fenomeno della prostituzione porti con sé vari problemi, innanzitutto di carattere morale. Da parte nostra, però, riteniamo che i tempi siano maturi per una regolamentazione del fenomeno, già nei fatti tollerato. Anziché fingere di non vedere, parrebbe, infatti, più opportuno intervenire con delle norme appropriate (ma prima bisogna risolvere il problema della illiceità del contratto avente ad oggetto la prestazione sessuale) che, prendendo atto di quanto sia diffuso il sesso a pagamento, impongano a ‘chi opera nel settore di attenersi ad alcune prescrizioni, ossia: di sottoporsi periodicamente a controlli sanitari; di esercitare la prostituzione in determinati luoghi e non in altri; di dichiarare il reddito percepito per le proprie prestazioni sessuali e, quindi, di pagare le relative imposte.
Giovanni e Alessandro Gentile