Tra non molto i cittadini italiani saranno chiamati ad un importante appuntamento: il referendum sulla riforma della Costituzione. L’approvazione della riforma ha suscitato, e suscita, non poche polemiche e c’è da giurarci che man mano che ci avvicineremo alla consultazione referendaria, il dibattito politico in merito si farà sempre più aspro. Uno degli aspetti fondamentali della riforma è rappresentato dal superamento del c.d. “bicameralismo perfetto”. Nel sistema ancora oggi vigente, infatti, i due rami del Parlamento, Camera e Senato, svolgono le stesse funzioni, così che un testo di legge viene approvato solo quando sullo stesso c’è stata la convergenza, appunto, di Camera e Senato; ciò, poi, senza dimenticare che entrambi i rami del Parlamento votano la fiducia al Governo. Facendo un piccolo excursus storico sul procedimento normativo che portò al sistema oggi in vigore, occorre ricordare che in sede di Assemblea Costituente non tutti si schierarono in favore di tale impianto: Vittorio Emanuele Orlando, ad esempio, si espresse contro il bicameralismo perfetto, ritenendo che tale sistema aveva una sua ratio allorquando, all’epoca della monarchia, il Senato non era su base elettiva e rappresentava, quindi, una sorta di controbilanciamento della democrazia rappresentativa (incarnata dalla Camera), ma che tale ragion d’essere veniva a mancare in un ordinamento, quale quello repubblicano, in cui Camera e Senato dovevano avere entrambi composizione elettiva. Non stupisca, dunque, che alla vigilia della consultazione referendaria le posizioni contrapposte siano così nette: il dibattito odierno ripropone, mutatis mutandis, contrasti insorti già nell’ambito dell’Assemblea Costituente; al popolo italiano il compito di risolverli.
Alessandro e Giovanni Gentile
Articolo pubblicato sull’edizione cartacea in edicola il 28 settembre 2016