Queste microalghe, caratterizzate dalle forme più svariate e originali, con un’origine evolutiva molto peculiare, hanno un DNA misto, composto di geni simili a quelli batterici, vegetali ed anche animali e sembra che, proprio tale caratteristica, sia il motivo per il quale tali microorganismi hanno avuto un enorme successo evolutivo, riuscendo ad adattarsi sia ad ambienti caldi che freddi, sia in acque dolci che marine.
Dunque, lo studio condotto dai ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli mette in evidenza, per la prima volta, la presenza delle prostaglandine anche in organismi fotosintetici unicellulari quali le microalghe del fitoplancton.
Come specificato dalle ricercatrici della SZN, Valeria Di Dato e Giovanna Romano: <<Questa scoperta può avere un’applicabilità scientifica e biotecnologica nel campo della salute umana. Le prostaglandine, usate per molteplici scopi in medicina, vengono sintetizzate, infatti, chimicamente grazie ad un processo molto dispendioso.
Poiché la “Skeletonema marinoi” può essere facilmente coltivata in laboratorio in grandi biomasse, si potrebbe produrre un’elevata quantità di prostaglandine con notevole risparmio economico in un sistema altamente produttivo>>.
Inoltre, nel campo della Biologia Marina, il recente studio apre nuove prospettive sull’evoluzione e il ruolo di queste molecole nell’ambiente marino dove, agendo come mediatori nella comunicazione cellula-cellula, o nella difesa delle microalghe contro l’attacco di batteri, virus o predatori dello zooplancton, potrebbero influenzare le dinamiche delle differenti popolazioni di microorganismi che compongono il plancton e, in ultima analisi, garantire la sopravvivenza e il successo ecologico delle diatomee che le producono.