Partenza sofferta per il nuovo anno scolastico
Ai nastri di partenza il nuovo anno scolastico: concluse le verifiche dei debiti formativi dell’anno precedente, al via l’inizio delle lezioni, previsto in Campania per il 15 settembre, fatta eccezione per qualche istituto che gioca d’anticipo, in virtù di un certo margine di autonomia nella gestione del calendario scolastico.
Quest’anno, però, l’incipit si profila complesso e particolarmente sofferto. La riforma Gelmini già da tempo anima discussioni accese, proteste accalorate ed un diffuso malcontento, secondo quanto le cronache registrano un po’ ovunque.
Scontenti molti dirigenti, che lamentano buchi nel personale docente e non; scontenti gli insegnanti, consapevoli di dovere affrontare seri disagi dovuti ai tagli della riforma (molti saranno costretti a trasferimenti forzati o a completamenti orari su più sedi, anche lontane tra loro). Senza parlare dei precari, le “anime in pena” del comparto scuola, che, vedendo saltare la loro speranza di lavoro per il 2010-2011, hanno occupato Uffici Scolastici Regionali e sono andati fino a Roma per avere un confronto con la Ministra Gelmini.
Il prossimo 15 settembre molti docenti indosseranno una fascia a lutto per i seguenti motivi :
“segno di solidarietà per i colleghi precari, simbolo di crisi profonda della scuola pubblica; protesta contro i tagli di ore e l’alchimia della riforma Gelmini”, come recitano alcuni volantini comparsi in alcune scuole anche della nostra città.
Riformare un sistema scolastico è un’impresa ardua, specie per la scuola secondaria superiore, che non vedeva importanti modifiche dalla riforma Gentile del 1923.
Ma se i tagli economici devono essere tra le preoccupazioni principali di un simile cambiamento, c’è qualcosa che non torna. Ovvio che una riforma scolastica deve puntare su una migliore qualità del servizio offerto alla “clientela”, ossia agli studenti. Ma verrebbe da chiedersi se possa esserci questo miglioramento con docenti demotivati e bistrattati, sradicati da istituti dove erano ben integrati e di cui conoscevano dinamiche e realtà sociali. Accese anche le proteste di molti genitori, specie quelli che contavano sugli insegnanti di sostegno, categoria particolarmente penalizzata dalla riforma.
Se si leggono le linee guida della riforma, ci si accorge che esse contemplano progetti dittatici di ispirazione anglosassone, basate sul “problem solving”. Ma molte scuole del sud (e Torre del Greco ne sa qualcosa) di anglosassone hanno ben poco, purtroppo.
Per la loro stessa natura e formazione, i docenti hanno molta buona volontà, pazienza e spirito di adattamento. Ma queste belle doti sono messe a dura prova se non si procederà a limare, smussare e correggere le sviste e i paradossi che la riforma contiene.
Il futuro di un Paese poggia sulla formazione dei giovani, sulla quale nessun governo oculato può economizzare grossolanamente.
Mariacolomba Galloro