negli ultimi tempi c’è stato chi, da un lato, ha lanciato l’allerta su quello che potrebbe essere un colpo di grazia per la fragile economia di Torre del Greco; chi, dall’altro, ha sostenuto che sia una sorta di invenzione in vista delle elezioni amministrative del 2018.
Su un punto però, destra e sinistra della nostra città concorda: il vero problema non sono gli immigrati in se ma la gestione del centro di accoglienza.
In questo articolo proveremo a fare un po’ di chiarezza, vi forniremo prima i numeri del “business dell’immigrazione”, e sentiremo poi la campana di chi, questo business, è accusato di condurlo illecitamente:
Secondo l’articolo 10 della costituzione italiana “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”, in virtù di questo sacrosanto volore, nel novembre del 2001 viene stipulato un protocollo di intesa tra ministro degli interni, enti locali e cooperative. in virtù di questo, a novembre del 2016 il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) hanno finanziato 652 progetti (508 ordinari, 99 per minori non accompagnati, 45 per persone con disagio mentale o disabilità) affidati a 555 enti locali titolari di progetto, coinvolgendo in totale oltre 1.000 comuni. Risultano così finanziati 26.012 posti (23.399 ordinari, 2.039 per minori non accompagnati, 574 per persone con disagio mentale o disabilità).
Per un totale di 1,16 miliardi di euro (dal 2001 ad oggi).
Soldi, tanti Soldi, pagati dai contribuenti italiani ed europei, comunque insufficienti a garantire agli stranieri un’esistenza dignitosa, sulla berlina spesso a finirci sono le Onlus, ree di speculare sui fondi stanziati. a gennaio del 2017 Alberto Mossino e Michelle Farese responsabili di diverse Onlus tra Piemonte e Campania, rilasciano un intervista a Tpi.it, ecco le loro principali dichiarazioni:
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“Le Onlus ricevono dalla prefettura 35 euro al giorno per i migranti nei quali sono inclusi i pocket money (2,50 euro al giorno) da erogare direttamente al migrante. Molte cooperative che non hanno solide basi economiche e non ricevono prontamente i soldi dalla prefettura non rilasciano i pocket money, ed è da lì che cominciano i problemi”.
“Il problema reale è che le prefetture hanno fretta di collocare queste persone senza curarsi realmente di come poi vadano le cose. Non c’è una graduatoria ed anche i bandi che vengono ufficializzati premiano solo l’aspetto economico: vince l’ente che offre di meno per ospitarli. Una tendenza al ribasso”.
come se non bastasse, talvolta ci si trova anche in sistemi di subappalto in cui:
“Cooperative che vengono remunerate con i 35 euro al giorno per migrante, li trasferiscono a loro volta ad altri centri che li tengono per 20 euro al giorno”.
In oltre “Il trasferimento dei fondi per le spese può avvenire anche a distanza di mesI, per poter pagare i fornitori, gli stipendi e sostenere le spese, in attesa del trasferimento di fondi, l’ente centrale suggerisce alle strutture che hanno necessità, di accedere al prestito delle banche i cui interessi sono molto alti. Ovviamente questi interessi non vengono aggiunti alla somma stanziata con il progetto iniziale”.
insomma, le associazioni che gestiscono i centri di accoglienza hanno problemi reali, e scaricargli addosso delle responsabilità che non hanno può essere un comodo escamotage per celare una subdola xneofobia, o peggio, un semplicismo ideologico incapace di arrivare alla radice delle questioni.
Fabio Cirillo