Proviamo qui a ricostruire le origini di questo sentito appuntamento con la storia e la tradizione torresi.
Nata come festa ricadente nell’ottava giornata dopo il Corpus Domini (da cui “Festa dell’Ottava” o dialetto “A festa ‘i ll’uttava”), secondo alcune fonti si racconta che, che nel corso della giornata del “Corpus Domini” del 1699, il popolo torrese, sottoposto a dominio feudale, con immani sforzi economici e notevoli sacrifici, acquisisce il territorio cittadino dal nobile Marchese di Monforte.
In occasione dei festeggiamenti per la nuova condizione civico-sociale della città, nell’ottava giornata dopo il Corpus Domini, per dare solennità alla festa, vennero costruiti quattro altari ovvero “are”, in quattro punti importanti della città: il primo sotto “a la ripa” ovvero nell’attuale Via Principal Marina, presso quello che viene definito “Largo di Pezzettella”, visibile da Via Noto, da Piazza Santa Croce e da Via Comizi ( identificato come ” Ardare ‘i fravica”, in quanto veniva realizzato totalmente in muratura di “fabbrica); il secondo nella via dei commercianti, poi diventata via Roma, angolo via Salvator Noto; il terzo veniva eretto, nella piazza più antica di Torre del Greco, ovvero Piazza Luigi Palomba; il quarto, il più popolare, in corso Umberto I (‘ncoppa â Guardia).
Ma, secondo altre fonti, le origini dell’evento sarebbero addirittura più antiche: già a Napoli , dagli inizi del ‘600, esso si svolgeva nei pressi dell’attuale piazza Municipio, dove Il Viceré in persona seguiva la processione che usciva dalla chiesa di San Giacomo. Anche allora gli Altari erano quattro e simboleggiavano i quattro continenti conosciuti. Successivamente, poi, la tradizione fu tramandata e custodita a Torre del Greco dove, come su detto, non ebbe più solo un carattere religioso.
Oltre l’evidente valenza storica e religiosa di questa kermesse, ne va sottolineata anche l’importanza artistica, grazie all’apporto di valentissimi maestri, tra cui Nicola Ascione, detto “Don Niculino Ascione”, per molti anni docente presso l’Accademia Belle Arti.
La festa, tuttavia, acquistò il suo carattere artistico e quindi la sua rinomanza quasi mondiale, per merito di Enrico Taverna, direttore della gloriosa Scuola d’Incisione sul Corallo e di Arti decorative e Industriali, che collaborò con una schiera di fini artisti (pittori, scultori, decoratori, stuccatori muratori, carpentieri, affreschisti), portando la festa torrese a grande splendore e grandiosità
Le espressioni artistiche che hanno poi caratterizzato la manifestazione nel tempo sono state estremamente variegate : dai “Tappeti”, prima eseguiti solo con fiori sistemati nelle strade, successivamente realizzati con una speciale tecnica usando segatura e colori, alle luminarie, in origine allestite con lampade ad olio, poi con lampadine elettriche , creando magnifici spettacoli per la vista.
Inoltre , durante i tre giorni di kermesse, si sono sempre susseguite mostre di pittura, scultura ed incisione su conchiglie e coralli, dando spazio alla creatività e all’inventiva di bravissimi artisti contemporanei (Raffaele De Majo, Aniello Fortunato, Ciro Adrian Ciavolino, Agostino Lombardo, Filippo Romito, Antonio Solvino, Donato Frulio, Giacomo Fiorentino, Nicola Consiglio e tanti altri)
Ma la ciliegina sulla torta era rappresentata dalla mitica “chiusura”, tradizionalmente affidata a strepitosi “Fuochi a mare” eseguiti nel Porto, alla mezzanotte del terzo giorno di festeggiamenti.
Ovvio, dunque, che nel DNA dei torresi la Festa dei 4 Altari sia codificata in maniera indelebile, malgrado una certa deriva “trash” in epoca moderna, le cui cause meriterebbero ben altri spazi…
Al di là dei qualunquismi, i luoghi comuni e le beghe politiche, si ha, pertanto, la percezione netta che una cospicua parte di torresi abbia il desiderio di ripristinare questo appuntamento cittadino, magari rispolverandone l’antico splendore.
Marika Galloro