Simbolo del made in Italy nel mondo, la pasta, è sicuramente protagonista indiscusso delle tavole degli italiani. È ottenuta da un impasto di semola o semolato di grano duro, acqua e sale e lavorata per realizzare diversi formati. In commercio ne troviamo di molteplici tipi e in base alla lavorazione e alle caratteristiche del prodotto si distinguono in pasta secca, pasta fresca, pasta speciale. I tempi di cottura variano a seconda del formato e della tipologia di pasta ma soprattutto dai gusti personali. Ci sono, a tal proposito, varie scuole di pensiero: chi preferisce la pasta molto cotta, chi la mangia al dente o chi addirittura quasi cruda.

Ma quale è il modo corretto per cuocere la pasta? Il grado di digeribilità cambia in base al tipo di cottura: una pasta al dente risulterà più difficilmente attaccabile dagli enzimi digestivi e questo porterà ad una digestione più lenta. Il vantaggio di mangiare pasta al dente per la nostra salute sta nel diverso impatto che si avrà sulla glicemia. Una digestione più lenta dell’amido porterà, infatti, ad una liberazione graduale delle molecole di glucosio in esso contenute e questo eviterà l’innalzamento a picco della glicemia e ci darà un senso di sazietà prolungato.

Cosa succede quando mangiamo pasta troppo cotta? La pasta troppo cotta sarà difficile da digerire (stesso discorso vale per la pasta troppo cruda) perché tenderà a formare un impasto colloso, conseguenza dell’eccessiva idratazione dell’amido. Indice glicemico superiore rispetto alla pasta cotta al dente e breve senso di sazietà che ci porterà ad avere subito fame. Quindi la soluzione migliore sta nel mezzo: non cruda ma neanche troppo cotta.



Dottoressa Elisabetta Casciello Biologa Nutrizionista
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