“Il fatto che il malcapitato fosse in trattamento con buprenorfina (ma non sappiamo quanta e se effettivamente la prendesse) – riporta ancora il sito – induce a ipotizzare che l’ocfentanil, superagonista oppioide, forse abbia potuto agire nonostante il blocco recettoriale indotto dal farmaco. I dati forniti dal sistema di allerta non includono la presenza e la concentrazione della buprenorfina nel siero e negli organi del morto, una manchevolezza assolutamente evidente per un clinico, e credo anche per un forense. Dalla foto diffusa, non ideale, l’ocfentanil aveva una vaga apparenza da eroina marrone/gialla; dalle analisi risultava al 2.5%, tagliato come l’eroina con paracetamolo e caffeina”.
“È ipotizzabile – si legge ancora su ‘Dedizioni’ nell’articolo a firma del farmacologo Ernesto de Bernardis – che il malcapitato l’abbia acquistato come eroina ‘buona’. Noi addetti ai lavori siamo stati avvertiti oggi”, scriveva ieri la società scientifica, “quindi con un anno e mezzo di ritardo. Avremmo dovuto saperlo prima per avvisare i consumatori dei rischi legati alla presenza nel mercato italiano di questi derivati sintetici molto più potenti dell’eroina, e quindi con rischio molto maggiore di overdose e decesso. Invece no. Un anno e mezzo”.
“E c’è ancora – polemizza – l’avvertimento di divieto di pubblicazione su web, che fa del nostro sistema di allerta ‘precoce’ un sistema di allerta inutile. Questa è una scelta che si assume responsabilità molto gravi di cui forse qualcuno un giorno chiederà conto. Non abbiamo a oggi neppure idea di quanti decessi da fentanili non farmaceutici siano avvenuti nel frattempo in questo anno e mezzo. Sembra difficile immaginare che si trattasse di un caso isolato di spaccio. Comunque, per quello che vale adesso, è opportuno che clinici e operatori dei servizi a bassa soglia facciano informazione e prevenzione in tema”.